Ci avviciniamo alla scadenza del 24 Novembre, data ultima – salvo possibili nuovi rinvii – per la firma dell’accordo sul nucleare tra l’Iran e l’Occidente. In un precedente articolo, parlando proprio in merito all’andamento del negoziato, abbiamo messo in luce tutte le problematiche tecniche e diplomatiche relative alla firma di un patto finale in questi giorni. Abbiamo parlato quindi di alcuni dati relativi al programma nucleare e missilistico e dell’impossibilità di avere una reale fiducia nel comportamento delle autorità iraniane. Ora, però, vorremmo analizzare un aspetto diverso. Vorremmo parlare del significato profondo – e drammaticamente pericoloso – che il mondo Occidentale sta lanciando negli ultimi tempi nel suo rapporto con la Repubblica Islamica. Comiciamo col premettere che, a dispetto di un appeasement generale e di toni di profonda disponibilità al dialogo, il comportamento e l’azione che il regime iraniano ha portato avanti in questi ultimi anni non sono mutati: forti attacchi verbali, denigrazione delle democrazie Occidentali e promozione del terrorismo internazionale.
Teheran non ha mai fatto mistero di ritenere sbagliato il concetto di democrazia liberale. Lo stesso Khamenei, in un discorso pubblico, ha descritto la “razza europea” come selvaggia e il regime ha promosso constantemente manifestazione di piazza in cui lo slogan “Morte all’America” l’ha fatta da padrone. Al fianco di questi attacchi verbali, i Mullah hanno concretamente dimostrato il loro dispezzo per i diritti umani, reprimento le manifestazioni popolari, aumentando il numero dei condannati a morte e promuovendo la Velayat-e Faqi a modello per l’intero mondo islamico. In nome del Khomeinismo – versione corrotta e politicizzata dello Sciismo – i Pasdaran hanno trasformato le parole in fatti, sul piano internazionale. Proprio in ambito internazionale, infatti, il regime iraniano ha ben dimostrato la sua reale indisponibilità ad un compromesso sincero con l’Occidente.
Senza alcuna pietà, infatti, le Guardie Rivoluzionarie – attivate direttamente su ordine della Guida Suprema – hanno seminato morte e terrore in Iraq, Afghanistan, Libano, Striscia di Gaza e, soprattutto, in Siria. Dopo il ritiro americano dall’Iraq, infatti, Teheran ha trasformato il Governo di al Maliki in un suo proxy, promuovendo una politica settaria ed emarginando le tribu’ sunnite. Dopo lo scoppio della crisi siriana, quindi, l’Iran ha ideologicamente, diplomaticamente, finanziaramente e soprattutto militarmente, tenuto in vita il regime di Bashar al Assad. La Repubblica Islamica ha attivamente guidato il dittatore siriano nelle sue repressioni dei civili e ha volontariamente – anche in questo caso – trasformato una protesta per la democrazia, in una battaglia religiosa. Il naturale effetto di questa aggressione khomeinista, è stata la radicalizzazione dell’opposzione siriana, con l’ingresso nel conflitto di pericolosi gruppi jihadisti sunniti. Isis, si badi bene, non è un mostro sfuggito al controllo dell’Occidente. Al contrario, Daesh è il risultato dell’unificazione sotto una sola sigla di numerosi gruppi sunniti, uniti da una stessa caratteristica: la loro esclusione dagli apparati di potere a Baghdad e Damasco, due capitali divenute praticamente succursali di Teheran. Senza contare l’ingresso di Hezbollah nel conflitto siriano: un coinvolgimento che ha trascinato il Libano nel baratro di una possibile nuova guerra civile.
Purtroppo non finisce qui: la strategia della tensione iraniana, si è spinta e si sta spingendo tuttora anche nell’area palestinese. Il recente conflitto tra Israele e Hamas e i recenti attentati avvenuti a Gerusalemme, portano tutte la stessa firma: Repubblica Islamica dell’Iran. Teheran ha fornito a Hamas e agli altri gruppi terroristi della Striscia, i missili e il know how per colpire il territorio palestinese (cosi come ha fatto a nord con il suo figlio prediletto, ovvero Hezbollah). Esiste poi una diretta connessione, come suddetto, anche tra l’Iran e gli attentati avvenuti a Gerusalemme nelle ultime settimane. In tal senso, vogliamo solamente ricordare che buona parte degli attentatori palestinesi hanno agito sotto la bandiera della Jihadi Islamica. Si tratta di una organizzazione terrorista totalmente appiattita ai voleri di Teheran, pur essendo di natura sunnita. Poco prima dell’inizio delle violenze a Gerusalemme, la Guida Suprema Khamenei ha personalmente incontrato il leader della Jihad Islamica Ramandan Abdullah (foto), chiedendogli di trasformare la Cisgiordania e Gerusalemme nella nuova frontiera dello scontro con Israele. Cosi è puntualmente avvenuto…
Nonostante tutte le violenze promosse dall’Iran, nonostante l’assensa di reali passi avanti nel negoziato nucleare e nonostante l’indisponibilità iraniana a fermare il programma missilistico, l’Occidente ha chiuso un occhio e continuato a promuovere il dialogo con la Repubblica Islamica. Un rapporto “unilaterale”, probabilmente, derivato primariamente dalla debolezza Occidentale in una area chiave del mondo qual’è il Medioriente. Non solo, è avvenuto anche qualcosa di piu’ drammatico: sponsor Occidentali dell’Iran, hanno attivamente lavorato per cambiare la versione dei fatti. Cosi, il colpevole è divenuto la vittima e la Repubblica Islamica è stata esaltata come la sola soluzione per risolvere la crisi in Siria e in Iraq. Una versione davvero criminale e falsa degli accadimenti che, primariamente, offende le migliaia di vittime e di rifugiati, causati dalle milizie paramilitari finanziate da Teheran.
Il primo messaggio che questo appeasement diplomatico ha lanciato è stato chiaro: nonostante i suoi crimini, parte dell’Occidente non ha intenzione di combattere per la libertà dell’Iran e di eliminare il mostro del fondamentalismo. Al contrario, preferisce rispondere al Califatto di al-Baghdadi, rafforzando il padre di tutti i Califfati moderni: la Repubblica Islamica creata da Khomeini dopo la rivoluzione del 1979. All’orrore, quindi, viene aggiunto altro orrore, seguendo una lettura errata e sbagliata di realpolitik. Il secondo, piu’ pericolo, messaggio che l’Occidente ha mandando è questo: “il terrorismo paga”. Scegliendo di non mantenere ferme le posizioni di condanna nei confronti dei Mullah e dei Pasdaran – proprio mentre questi attori promuovono morte e terrore – è stato permesso alla violenza di essere il nodo centrale, capace di influenzare i negoziati internazionali. Diffondendo terrore, infatti, la Repubblica Islamica ha ottenuto un “posto a tavola”, tra Paesi che pubblicamente sostengono i diritti umani e la pace.
In quella tavola, però, si sta ora servendo un cibo avvelenato, i cui effetti pervesi non tarderanno a farsi sentire…