“E certo, in Brasile c’è Socrates, noi abbiamo Aristoteles” diceva Lino Banfi nell’Allenatore nel pallone. Il padre lo aveva chiamato così perché non era chissà quale letterato, ma aveva letto la Repubblica di Platone. E l’aria da filosofo ce l’aveva, tanto che così lo avevano ribattezzato, accanto al nomignolo di ‘Magrao’, lui così alto ed elegante che sembrava un cigno. Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira, per tutti solo Socrates, se n’è è andato ieri mattina, a 57 anni. Un’infezione intestinale se l’è portato via, dopo il recente ricovero per problemi al fegato.
Piaceva bere, a Soctares. Raccontano che quando giocava nella Fiorentina, sull’aereo che portava i viola negli Usa per un’amichevole, ogni dieci file si siedeva e apriva una lattina di birra. Ferruccio Valcareggi, allenatore e grande saggio, guardava e scuoteva la testa. Il brasiliano durerà un anno in Italia, ma tanto gli basterà per farsi amare dai tifosi della ‘Fiesole’. Che ieri, saputa la notizia, gli hanno dedicato uno striscione: “Un’ultima birra per il dottore”. Socrates era laureato in medicina., ma non aveva mai esercitato la professione. Preferiva il pallone e si definiva “Uomo di sinistra e anticapitalista”. Quando giocava nel Corinthians, in Brasile, chiese l’autogestione della squadra. Detestava i ritiri. Si socntrò con la dirigenza ma la sua linea passò. Niente ritiri, due scudetti.
Per questo le cose non gireranno bene, per il dottore, una volta arrivato a Firenze. “In Italia c’è troppa pressione”, disse. Stress, ritiri, preparazione atletica, saudade. Arrivato come genio che aveva trafitto l’Italia nella famosa partita del Mundial 82, se ne andò come ‘Dottor Traccheggia’. Svogliato, indolente. “Dottore, domani giochi?” “Domani scendo in campo, poi vediamo se gioco”. Era questo il metodo di Socrates.
Torna a casa, gioca fino al 1988. Resta uno spirito libero. Si dà al teatro, alla musica, al giornalismo. Fuma e soprattutto beve. Fa la stessa fine di altri brasiliani viventi (Adriano) e non (Garrincha). A differenza di quest’ultimo non muore in solitudine. Ma si lascia morire, come se non avesse più niente da chiedere al mondo. Ciao, dottore.