–Il gioco di una squadra con tante facce e nessuna identità–
Dopo la vittoria sofferta di lunedì al S. Paolo la domanda ce la stiamo facendo in tanti: “Milan, …dimmi chi sei!”
Il Milan non è ancora riuscito a riconoscersi in “una sola faccia” in questa stagione: se un certo comportamento visto in campo faceva pensare ad una trovata identità di gioco in una gara, in quella dopo venivamo smentiti.
Massimiliano Allegri: il suo Milan è ancora enigmatico nell'identità di gioco.
Abbiamo visto “tanti Milan”, ma qual è quello vero?: è quello che “attacca la palla presto” coi suoi attaccanti?, o quello che la domenica dopo presentava negli stessi un contraddittorio immobilismo?; quello la cui linea difensiva si alzava in automatico sulla palla libera, o che, tre giorni dopo magari, si lasciava giocare in faccia per venti minuti?; quello che propone il rombo con un rifinitore propositivo e capace di dare una mano al centrocampo o quello fantasmizzato da propri limiti fisici e umorali?
Allegri dispone di una rosa sufficientemente completa per vincere in Italia, non in Europa… si sa: per un allenatore poter preparare una” Squadra dei Sogni” non significa disporre della rosa ideale per il proprio calcio, però. “E’ questa la rosa che voglio…”: probabilmente solo Mourinho può dire di avere avuto tanta fortuna sotto mano; ma l’intelligenza di un tecnico, in questi casi, la misuriamo anche dalla capacità di venire a patti con se stesso: l’impressione è che Allegri stia osservando il Milan, ed il Milan… stia osservando lui; che il Mister ne abbia deciso le fondamenta a prescindere dalle sue idee, piuttosto plasmandone uno dettato dalla situazione contingente… di reparti ingolfati e/o insufficienti che portano a scelte coercitive, causate per larga parte dalla società che da troppi anni non ritiene opportuno acquisire giocatori credibili sotto il punto tecnico, tattico e carattereriale in ruoli cardine.
Perché se “la portata” è sontuosa, ma il contorno” è rancido, non me la prendo con il cameriere, se mai con chi ha fatto la spesa, badando sì a prendere controfiletto e magatello, a scapito però di patate e spinaci, senza badare di equilibrare il contenuto del suo paniere. Perché in una grande società, l’allenatore non fa la spesa e di certo non è lo chef, e credere il contrario non risponde alla realtà; assembla, rende “presentabile” un gruppo, convincente…Ma tante sono “le mani” che entrano prima nell’impasto che compone una squadra che scende in campo poi -dirigenti, procuratori, presidenti; equilibri economici, tecnici e poi umani-. Ed è un “Prendere o lasciare… bellezza!”
Mister Arrigo Sacchi: la sua ricetta?, "Occ, pazenzia e... bus del cul"
Un aspetto fondamentale è -ancora- manchevole in questo Milan 2010/2011 targato Allegri: la fase di gestione della palla, quindi delle risacche di gioco della gara: è quella che dà un’identità di fondo ad una squadra; poche squadre -nel decadimento generale del calcio a tutti i livelli-, sono riconoscibili anche grazie a questo atteggiamento… Il Barcellona, il Chelsea; l’Inter -a volte-… e il Real Madrid lo vedremo quando si misurerà con le sue pari. Ma in Italia almeno, non occorre ricoprirsi d’ori per essere riconoscibili… il Milan di Leonardo aveva una veste ben definita, fricchettona magari, ma appunto riconoscibile, questo Milan no… non si sa mai come si comporterà in campo chiunque siano i calciatori schierati… e prima o poi da lì si dovrà passare: da quella continuità di risultati che -unica imprescindibilità per una squadra che voglia dirsi ambiaziosa-, porterà ad ottenere un’identità definita e riconscibile… fosse anche necessario impiegare mesi.
“Per far calcio ci vuole “Occ, pazenzia e bus del cul”, diceva quello… che ci dice di più di una fantomatica ricerca del “bel gioco” -espressione tanto netta quanto inconsistente nella realtà-.
A Mister Allegri auguriamo quindi di avere bus del cul; per quel che riguarda la pazenzia possiamo assicurare che a mente fredda sì, ancora ne abbiamo… ma è abbandonando il Romagnolo che gli diamo un consiglio in altro idioma… “Mister, fa bala l’oeuc và!”