Bene, bene, dai commenti al post di ieri, vedo un certo interesse all'argomento e quindi mi ci butto subito a pesce essendo uno dei miei favoriti. Intanto tenete sempre d'occhio la mappa che allego, che descrive l'ipotesi del percorso del nostro Marco, da cui si vede che un po' tutta l'Asia sia stata bene percorsa ed investigata, dopo di ché dobbiamo dire due parole sul libro. Infatti questa, che è una delle prime opere di letteratura davvero europea, vi ricordo, stesa in francese d'oil, misto a molti italianismi, da Rustichello da Pisa sotto dettatura, ebbe un immediato successo e fu subito tradotta e ricopiata più volte e pensando che allora i libri se li ricopiavano a mano, non è cosa da poco. Il motivo del successo, secondo me, sta proprio nell'essenza dell'opera. Non è solo un romanzo o un racconto di viaggio, come qualcuno lo ha definito, e neanche quello che si può catalogare come la prima guida turistica. Certo, è vero infatti che par di leggere la Lonely Planet Asia, con precise indicazioni di quanto tempo ci vuole a cavallo da una città all'altra o che nel tal posto si è ospitati degnamente in buone locande o ancora di fare attenzione ai mariuoli del tal posto che ti fregano il portafoglio. In realtà, sempre secondo me, è un vero e proprio manuale del mercante, con indicazioni e note necessarie a chi si voleva mettere in viaggio per fare affari; ecco quindi che si precisa dove comprare le merci migliori ed al minor prezzo, dalla bambagia alle spezie richiestissime o le pietre prezione o altro, sempre attento al valore delle cose ed alla convenienza dello spostare merci da un luogo all'altro per trarre profitto dalle differenze di valore. Si direbbe un manuale sull'arbitraggio, un trattato sulla globalizzazione e sui vantaggi della delocalizzazione ante litteram. Addirittura vengono segnalati i rapporti di cambio tra argento ed oro, sottolineando la convenienza di una piazza rispetto alle altre. In quei tempi di relativa pace e di conseguenza di crescita economica, ecco che tutti gli aspiranti mercanti si gettarono a pesce sul volume, ansiosi di avere informazioni utili. Certo in quei tempi gli unici viaggiatori erano i soldati ed i mercanti e non lo facevano per diletto. La molla del guadagno spingeva questa gente, ma chi non aveva la curiosità di conoscere, la voglia di capire il mondo e la sua vastità, improvvisamente disponibile, non aveva la voglia di andare al di là di una tratta già conosciuta e certa. I Veneziani erano tra i più intraprendenti ed è per questo che la Serenissima, pur piccola, cominciò il suo percorso di supremazia commerciale e politica nel Mediterraneo. Gente aperta che sapeva vedere nelle diversità, occasioni e vantaggi, che andava a cercarsi le opportunità dove c'erano, senza richiudersi a riccio nella sciocca difesa di un indifendibile particolarismo becero e ignorante, prodromo del declino economico e mentale, ma queste son cose di tempi successivi. Certo il buon Marco non parte alla cieca. Padre e zio, già accorti mercanti, giravano dalle parti di Costantinopoli a cercare buone occasioni e da lì ebbero le notizie che li spinsero al primo viaggio esplorativo verso est. Sentiamo Marco:
Capitolo 2…messere Matteo Polo e suo fratello venuti da Vinegia nella città di Costantinopoli con mercatantia, per guadagnare, partironsi in nave e andarono in Soldania….
Ce li immaginiamo certo, i due mercanti che partono da Piazza San Marco
e vanno a Costantinopoli che era un po' lo snodo dei traffici con l'Oriente(e vorrei sottolineare quel "per guadagnare"; il mercante si diverte solo così, solo dopo si può fermare un attimo a considerare, a pensare). Era il1260 e la città era appena tornata in mano ai Bizantini. Santa Sofia aveva subito danni, ma non irreparabili e tutta la città era in fermento ricostruttivo dopo i disastri prodotti dalla IV crociata (che incidentalmente ricordo, saccheggiò l'impero Bizantino fregandosene di Saraceni e Terrasante varie). Paragonando il centro, con la Istambul di oggi, si può dire che mancavano solo i minareti e già si vedeva Galata e la torre allora diroccata dal saccheggio crociato ed in piena ricostruzione. Le mura semidistrutte dall'assedio, forse non differivano molto dal loro aspetto odierno. Era terra Genovese, ma quello che la accomunava alla cittàdi oggi era proprio la sua posizione chiave, un crocevia di commerci, di mercati, di scambi e occasioni. Quando passeggiavo nei bazar di Istambul, certo il profumo forte ed aggressivo delle spezie, i colori dei tappeti distesi davanti alla mille botteghe, le grida dai venditori che cercano di invitarti a fare un buon affare erano le stesse che avevano sentito i Polo quasi otto secoli prima. Gli stessi sguardi, lo stesso interrogarsi se quello sarebbe stato l'affare della vita, la stessa voglia di fermarsi, contrattare, scambiare zecchini con bisanti, tetradramme e piastre o lire o dollari contro merci. A Costantinopoli, a Istambul, comincia la voglia di "mercatantia" che in fondo mi ha accompagnato, anche se praticata per conto terzi, per tutta la vita.
Vi segnalo che in concomitanza con questa serie di post del viaggio di Marco, nel bellissimo blog di cucina di
Acquaviva che vi invito a seguire, comincerà l'esposizione di una serie di ricette che trovereste oggi in quei luoghi e che forse avrebbero gli stessi sapori che ha provato il nostro eroe.
Quella di oggi riguarda un classico di Istambul:
l'involtino di riso in foglie di viteSe ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:
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