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IL MINISTRO – L’ESERCIZIO DELLO STATO (L’exercice de l’Etat)

Creato il 10 giugno 2013 da Ussy77 @xunpugnodifilm

No alla normalità

Il dovere politico logora e porta alla solitudine. Schoeller costruisce un personaggio che oscilla tra umanità e ambizione.

Una telefonata nel cuore della notte sveglia il ministro dei trasporti Bertrand Saint-Jean. Un bus carico di studenti è precipitato in un burrone e ci sono numerosi morti. Il ministro non può esimersi dal recarsi sul posto, portare le condoglianze e dare l’impressione di coordinare i soccorsi.

Bertrand Saint-Jean il suo lavoro lo fa bene. Moralmente solidissimo prosegue per la sua strada senza tentennamenti, rimanendo fedele alle sue ideologie. Schoeller ce lo presenta così (anche se con il proseguo della pellicola comincia a vacillare in favore di qualche accordo). Eppure Saint-Jean ricopre un ruolo (ministro dei trasporti) di responsabilità, ma che esige solitudine e lavoro duro. Quello che non è salutare e non permette di fermarsi. Produce frustrazione e ambizione. Tuttavia quello che rimane principalmente è la solitudine. Difatti Il ministro – L’esercizio dello Stato (L’exercice de l’Etat, 2011) è una pellicola che non denuncia e non inveisce contro i politici, ma contro le regole del “gioco”(?). E sicuramente questo approccio è anti-convenzionale. Anzi esalta il lavoro e l’impegno, ma quello che traspare veramente è un’ineluttabile bisogno di vita vera, di condivisione, anche se l’unico rapporto reale è quello che si consuma, ambiguamente, con il suo compagno di avventura e consigliere, Gilles. Saint-Jean (un fantastico Gourmet) insegue la normalità, anche se ne ha principalmente timore. Di conseguenza è su questo che il regista Schoeller si concentra: sulla situazione relazionale e introspettiva del politico. Meno intrighi di palazzo e più normalità, che fa pesantemente a cazzotti con il lavoro di Sain-Jean. Difatti non è un caso che il protagonista non solo si interroghi sulla sua mancanza di amici (tanti contatti telefonici nel cellulare e nessun amico), ma anche sulla sua condizione. Tanto da avvicinarsi allo stagista Kuypers, un “ultimo” che sta costruendo la sua casa mattone su mattone con la moglie (sarda), ideale cliché che inveisce contro la classe politica. Tuttavia non è l’unico rapporto che il ministro ha con l’esterno (tra l’altro prematuramente interrotto a causa di una scelta sconsiderata, che modificherà il suo punto di vista); difatti Bertrand intrattiene un rapporto amichevole/professionale con Gilles, di cui pare profondamente invidioso della sua cultura e del suo aplomb.

Il ministro – L’esercizio dello Stato, contraddistinto da una fotografia livida e da delle incursioni musicali funzionali per scuotere l’anima silenziosa dello spettatore, è frenetico, ma composto,  stakanovista  ma umano, e procede dritto per dritto senza mai decelerare. Tuttavia il film diretto da Schoeller si fa ostico e difficile da interpretare; difatti il cinico e sufficientemente arrampicatore Bertrand insegue la normalità. Ma la normalità è ingannevole e traditrice? L’hai mai voluta veramente? La risposta è destinata alle sequenze finali e fa comprendere in realtà quanto la politica sia assorbente. Durante la visione, l’indagine tematica del film cambia direzione e allora sovvengono altre domande: Schoeller ha voluto mostrare l’uomo (che nonostante tutto c’è sempre) dietro il politico o la pellicola è una velata denuncia nei confronti del lavoro, che non solo non permette privacy, ma porta l’uomo a eclissarsi dietro a una maschera tragicomica? Ed è proprio dietro questi quesiti che si cela la complessità di una pellicola, che apparentemente non trasuda nulla di realmente significativo, grazie anche alla sua linearità narrativa priva di ellissi temporali. Schoeller disegna il politico “buono”, appassionato e moralmente inattaccabile, sia davanti alla telecamera che dietro alla scrivania.

Uscita al cinema: 18 aprile 2013

Voto: ***


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