Picture by Mile Kremer @ 500 px.com
Sono giorni che penso alla prima volta di molti viaggi.Mi spiego meglio.
C'è sempre la prima volta in cui arrivi in un posto: non molto tempo fa vi ho raccontato il mio approdo a Città del Messico e Edimburgo.
Giorni fa pensavo al mio arrivo a Parigi. Al primo.
Sono stata molte volte nella capitale francese ma il mio primo viaggio da quelle parti è stato quasi un'improvvisata.
Un'amica che viveva là per lavoro, un week end libero e un volo lowcost.
Niente di più invitante per prenotare un bell'aereo e partire.
Arrivata a Beauvais mi sentivo spaesata.
Era buio perché il mio volo atterrava alle 22 circa.
Sapevo di essere distante ma, a quel tempo, avevo meno coscienza di dove fosse il fantomatico aeroporto RyanAir.
Salii sul autobus con la stessa smania e curiosità di una bimba al suo primo viaggio.
Ero in lotta con me stessa perché sui mezzi pubblici spesso tendo a dormire e, in quel momento stavo per cedere. Controvoglia, chiusi gli occhi e mi lascia cullare dal viaggio.
"Tanto ci vuole un po'", pensai dentro di me.
Complice una buca o non so che strano protettore dei viaggiatori, ci fu un sussulto e mi sveglia.
Guardai fuori dal finestrino e la vidi: vivi lei, in tutto il suo luccichio.
La Tour Eiffel è il simbolo assoluto di Parigi dal 1889 quando il Signor Gustave Eiffel la montò, quasi come fosse un enorme Lego Technik, per l'Esposizione Universale.
A pochi piaceva in quel periodo. Era troppo proiettata nel futuro, era troppo moderna, troppa ferraglia insomma.
Molti dicevano "sopportiamola un anno e tanto poi la smonteranno" ma lei è ancora lì.
Quella sera luccicava come un cristallo illuminato da mille candele.
Era l'essenza della luce in una stanza colma di buio e silenzio.
Era la musica in una accoglienza, quella verso di me, che non poteva essere delle più belle.
Restai attaccata al finestrino a guardarla finché fosse possibile.
Il giorno dopo andai a vederla alla luce del sole.
Restai ore, credo, al suo cospetto e questo genere di litania di ripeté in tutti i miei viaggi parigini.
Mi siedo dalle parti del Trocadero e la osservo.
Poi vado sotto le sue immense quattro gambe e contemplo la sua perfezione.
Sapete una cosa? Non sono mai riuscita a salirla.
Troppa gente, troppo caos.
Occorre prenotare se volete andarci. Oppure armarvi di gambe e pazienza.
Ogni tanto chiudo gli occhi, da qualsiasi parte del mondo io sia, e la rivedo in quel suo sbarluccicare così perfetto, da sembrare un balletto degno dell'Opéra.