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Il mio corpo: un amore infinito, un odio profondo

Da Bambolediavole @BamboleDiavole
Lettere di un’impertinente- Il diario segreto di Vymarna

Ogni volta che devo uscire è sempre la stessa storia. I miei armadi sembrano esplodere, maglie ovunque, pantaloni e gonne lanciati al contrario su una sedia o gettati a terra, scarpe che fanno diventare il pavimento un percorso ad ostacoli.

Provo e riprovo i miei vestiti di continuo, sempre gli stessi, alla disperata ricerca del capo  che nasconda il fantomatico rotolino di pancia, del pantalone che mi faccia sembrare il sedere meno grosso e del paio di scarpe che slanci il mio corpo.

francesca woodman, mirror illusion
francesca woodman, mirror illusion

Qualche settimana fa ho comprato un vestito nero di lana, si sa che il nero camuffa le forme. Il giorno in cui l’ho provato sembrava fatto apposta per me. Ieri sera l’ho indossato per uscire con le amiche, mi sentivo enorme. Davanti lo specchio inquisitore mi scrutavo puntigliosamente per trovare il lato che mi facesse sentire bella e magra come quando l’ho acquistato. Non l’ho trovato ed  è finito a terra come tutti gli altri.

È da quando sono piccola che combatto con il mio corpo.

Quando andavo a scuola venivo sempre presa in giro a causa sua. Mi dicevano che ero troppo magra, troppo alta, troppo grassa. A volte canzonavano i miei piedoni da pagliaccio e i miei capelli riccissimi. Mi riprendevano perché non mi truccavo mai : “i ragazzi non ti noteranno  se non ti aggiusti un pochino”, già, i ragazzi, come se la mia vita ruotasse intorno a loro e al fatto che dovessi piacergli. L’essere appetibile al fine di essere accettata dal “branco” e scelta da un qualche maschio alfa, non faceva per me . A 14 anni mi interessavano  Sailor Moon, il vampiro Angel e prendere buoni voti a scuola, i ragazzi non li guardavo proprio. Qualche cotta l’ho anche avuta, ma il mio farmi bella era pettinarmi i capelli la mattina.

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Tutti, a delizia loro, sapevano cosa dovevo fare e come dovevo essere per diventare una figa, una alla moda, una al top.  Tutti tranne me. Ero considerata quella bruttina con le folte sopracciglia e venivo tediata di continuo: “truccati”, “metti una gonna”, “indossa le scarpe con il tacco”, “tu non ti sai valorizzare”……. Ma Vaffanculo!

Capitavano  giorni in cui  le mie compagne mi chiudevano nel bagno della scuola e, armate di trucchi, cercavano di farmi diventare bella, neanche fossi stata il mostro di Lochness, e io le lasciavo fare. Loro sapevano come dovevo essere, io no. Alla fine però, non sono riuscite a “cambiarmi”. Ho vinto io e la mia voglia di essere me stessa con tutti i miei “difetti” ma, nonostante ciò, tutte le loro parole e i loro giudizi negativi, mi hanno fatto crescere con una sorta di insicurezza. Un’insicurezza della quale non ho mai parlato a nessuno, se non a te, che ora leggi queste mie parole.

Mi sono sempre vergognata e ho sofferto in silenzio per le critiche ricevute ma facevo finta di nulla, in fondo io odiavo i loro trucchi rosa e le pance al vento; però mi sono sempre sentita osservata, giudicata, sbagliata.

Poi le cose sono cambiate. Sono cresciuta e alcune delle ragazze che mi indicavano come il brutto anatroccolo hanno iniziato a guardarmi con invidia. Proprio a me, la piedona con i capelli arruffati.

Le stesse compagne di classe che inizialmente dovevano migliorare il mio aspetto per aiutarmi a conquistare il cuore del belloccio di turno, ora, andavano da quest’ultimo dicendogli che ero una pazza  cercando di allontanare così, eventuali mire di conquista nei miei confronti.  Mi vedevano come una rivale. Quelli che erano considerati i miei “difetti” diventarono i miei  punti di forza. Ora non mi dicevano più che era troppo magra, mi squadravano ed esclamavano con faccia disgustata: “ma sei ingrassata?”. Portavo una 40 ed ero già alta 1 metro e 80.

Il ragazzo che tempo addietro compose un’ode ai miei baffi, ora si inginocchiava davanti a me, indicava il mio seno e gridava a squarciagola: “sempre caro mi fu quest’ermo colle” e, verso la fine dell’ultimo anno, mi scrisse una lettera nella quale mi chiese di diventare la sua ragazza. Lo rifiutai dedicandogli A Silvia.

Ero cambiata senza accorgermene e continuavo a sentirmi sbagliata, anche se in realtà non lo ero stata mai.

L’insicurezza della mia adolescenza mi accompagnato per un luogo periodo. Oggi sono molto più sicura di me e ho imparato ad amarmi, a non sentire i giudizi altrui e a sentirmi bellissima pur non rispondendo agli standard che vuole la moda. Ho una vocina che ogni tanto bussa e mi fa sentire inadeguata, ma non sempre le do retta.

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Ieri sera ho raccolto il vestito di lana nero da terra e l’ho indossato nuovamente. Ho abbinato gli accessori più belli che ho e messo la scarpa che più garbava. Ho pensato per un momento ai commenti cattivi che qualcuno avrebbe potuto farmi,  alle risatine, agli sguardi canzonatori. Mi sono nuovamente sentita la quattordicenne con le folte sopracciglia che desiderava essere diversa. Mi sono riguardata nello specchio, stavolta con gli occhi che mi vedono per quello che sono realmente: una ragazza come tante, con il suo corpo, la sua fisicità, le sue caratteristiche e la sua bellezza. Ho controllato il rossetto, ho passato una mano fra i capelli per ravvivarli un po’ e sono uscita amando le mie curve.

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