Giunta a destinazione trascorrevo la prima mezz’ora un po’ spaesata. Stringevo mani, sorridevo un po’ plastica per l’imbarazzo e rispondevo alla domanda “Tu sei…?” prima con nome, poi con nome e cognome e infine capivo che l’url del mio blog era l’unico dato di reale interesse. Il menzionarlo, tra l’altro, mi ha dato modo di osservare la più incredibile sfilata di sguardi vacui ed espressioni perplesse, un vero spasso! Molto sinceramente, non avessi avuto un cartellino appiccicato alla maglietta, avrei davvero potuto rispondere la qualunque. L’effetto credo sarebbe stato il medesimo.
E comunque, l’intenzione della sottoscritta era fin dapprincipio quella di passare totalmente inosservata. L’obiettivo era apprendere tutto l’apprendibile, respirare la creatività altrui e ampliare il più possibile il mio bagaglio (di blogger, di mamma, di scrittrice e, più in generale, di bipede pensante). Perciò ho iniziato a muovermi a mo’ di ectoplasma lasciando che il tesserino appuntato al petto parlasse (o tacesse) per me.
Ho preso appunti, ascoltato con attenzione, riflettuto e lasciato che tutte quelle incredibili persone mi illuminassero con il loro punto di vista.
Dopo un’ora circa d’interventi passavo un buon quarto d’ora chiusa nei bagni a chiedermi, parlando alla tazza come al mio migliore amico, che stracavolo ci facevo io in mezzo ai mostri sacri di blog e community per mamme. Tutte così organizzate, competenti e con un chiaro progetto di vita. Io che al momento la mia vita la progetto a “quarti d’ora” e sono pure capace di non rispettare i piani. Non avendo risposta, decidevo di tornare in sala.
La medesima domanda mi assaliva al minuto 7, 15, 22, 23, 24…
Alla fine però me lo sono ricordata il perchè. Perchè da settimane non pensavo ad altro, non sognavo altro e non aspettavo altro. Insomma, senza entrare nei dettagli della giornata che trovate sul blog del MomCamp (e in breve qui), posso dire che mi sono sentita così ispirata, motivata e… pensante, come non accadeva da un sacco di tempo, che posso dire ne sia stravalsa la pena.
Questo ovviamente non mi ha impedito di continuare a muovermi in anonimato evitando sguardi, scansando microfoni, telecamere e fotocamere (che poi porca paletta nei video delle interviste per strada, sto sempre dietro a quella che parla e non ho capito com’è… forse dovrei rivedere il mio concetto di passare inosservata) e di pranzare in solitaria con un’insalata scondita mentre al telefono con un’amica tentavamo di consolarci a vicenda sull’argomento inserimento alla scuola materna.
E insomma, lo dico sempre ma lo ripeto ora (più che altro per me): MAMME, NON SMETTETE MAI DI INSEGUIRE I VOSTRI SOGNI (e prendetevi ogni tanto qualche ora di sabbaticità… funziona, credetemi!).