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Il mio lavoro è un antidepressivo

Creato il 24 febbraio 2012 da Francesco74

Il mio lavoro è un antidepressivoIl mio lavoro è l'antidepressivo più potente e naturale che esista. Il mio mestiere è "dare valore" alla terra che amo. Che ho imparato ad amare. Dieci anni fa non sapevo nulla dei paesi in cui oggi mi sento a casa. Li ho percorsi a piedi, in macchina, ho sbagliato strada, mi sono ritrovato di fronte frane non segnalate, ho rischiato di fondere il motore, mi sono fatto soccorrere, ne ho fotografato ogni angolo, diversi alberi, tutte le chiese, conosciuto il parroco, il sindaco, il vigile e la locandiera, il tabaccaio e la segretaria. Di quei paesi ho scoperto il dialetto, il profumo del corso, le facce dei bar, i negozi bazar, le feste comandate, le porte contadine (arrotondate, col legno con le rughe e il ferro abbrustolito), le bande musicali e le processioni. Ne ho conosciuto il matto e il santo, affezionandomi a entrambi. San Michele resta il numero uno "per questo questo e quest'altro motivo", ma negli anni il mio Olimpo del Misticismo Sentimentale ha accolto Santa Brigida (una tosta), San Filippo Neri e la Madonna della Ricotta. Ultimamente sto creando un certo rapporto con Sant'Alberto. Personaggio schivo, nordico, tendenzialmente eremitico, poco incline a dare immediatamente confidenza, ma di indubbio spessore intellettuale e umano.
Il mio lavoro è l'antidepressivo più potente e naturale che esista perché questi paesi sono di una bellezza che solo il gol di Grosso contro la Germania e quello di Calori contro la Juventus possono, in parte, spiegare (soprattutto il gol di Grosso). E' una beltà che germoglia dall'umiltà, proprio come quella dei giocatori appena citati. 
Ma il principio attivo è un altro. Imparare a conoscere quella bellezza per cercare di farla comprendere e darle valore anche agli occhi di chi crede soltanto nelle classifiche de "Il Sole 24 Ore" e nelle litanie lamentose e gutturali della bibitara al piano terra e dei suoi sfaccendati avventori-opinionisti.
Fare il lavoro che faccio mi dà ogni giorno un'idea "altra" della politica, del Sud, del peso di merito e talento, della possibilità di cambiare le cose e di farlo in meglio, di quanto il Paese reale sia migliore del fast food televisivo e delle sue scorie. C'è il luogo comune e ci sono ancora le Comunità. Io, individualista e viaggiatore, scelgo le seconde. Per mestiere. Per vocazione alla contraddizione. Un esempio di quella bellezza, in questi giorni, lo si trova a Pietra. Qualche mese fa, raccontare la bellezza del pellegrinaggio a Montecorvino mi è valso un premio.Oggi, parte di quel racconto ha preso nuova forma nella Torre Normanna per continuare a spiegare perché le classifiche de "Il Sole 24 Ore", le litanie di bibitara&avventori e il rancore degli innamorati non corrisposti sono soltanto una parte, e nemmeno la più importante, di ciò che siamo. Per continuare a spiegare che siamo, vogliamo e possiamo essere il nostro migliore antidepressivo naturale.
Farmaceuticamente vostro.

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