11 Settembre 2012
Sono convinto che non ci si debba salvare dalla solitudine, ma, al contrario, che ci si debba immettere nella solitudine come esperienza di vita privilegiata per l’incontro con gli altri.
Sono credente, Cristiano, Cattolico e sono convinto che ci si debba immettere nella solitudine come esperienza di vita privilegiata per l’incontro con gli altri perché impariamo a incontrare Dio negli altri, a riconoscerLo negli altri che incontriamo e che, talvolta, forse, non vorremmo incontrare, a capire che Dio può fare sì che gli altri possano, talvolta, incontrare Dio in noi, senza accorgersene come anche accorgendosene, senza che noi stessi ce ne accorgiamo come anche facendo sì che noi stessi ce ne accorgiamo.
Sono convinto che ci si debba, piuttosto, salvare dall’isolamento in tutte le sue manifestazioni.
Sto parlando dell’autoisolamento (chiudersi in se stessi sia come “single” che come coppia e come gruppo), dell’isolamento procurato (sempre molto grave, anche e soprattutto, quando viene, maldestramente, giustificato) e dell’isolamento subìto (di cui non ci si dovrebbe mai stancare di indagare in merito alle eventuali ragioni profonde).
Isolamento è chiudersi alle necessità e alle sofferenze altrui.
Solitudine è, al contrario, aprirsi al rispetto e alla comprensione delle necessità e delle sofferenze altrui, alla condivisione e alla soluzione delle necessità e delle sofferenze altrui.
Pecchio