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Il mio muro di Berlino – di Haruki Murakami

Creato il 12 novembre 2014 da Nictrecinque42 @LositoNicola

Giorni fa, sul Corriere della Sera, in occasione dell’anniversario della caduta del muro di Berlino, ho letto un bellissimo discorso di Murakami, il mio scrittore preferito, e non ho resistito all’impulso di condividerlo con gli amici che seguono il mio blog. Leggetelo anche voi, dice cose su cui tutti dobbiamo riflettere. Alla fine, ne sono sicuro, verrà spontaneo chiedervi: qual è il mio muro di Berlino?

Nicola

Murakami Haruki

Il mio muro di Berlino

È passato un quarto di secolo dalla caduta del muro di Berlino. Quando visitai per la prima volta Berlino nel 1983, la città era ancora divisa in zona Est e Ovest. I turisti potevano visitare Berlino Est, però dovevano passare attraverso numerosi posti di blocco ed erano tenuti a lasciare la zona entro la mezzanotte. Al rintocco della campana, come Cenerentola che abbandona il ballo. In quell’occasione andai a vedere «Il Flauto magico» al Teatro dell’Opera di Berlino Est, con mia moglie e un amico. La messa in scena e l’atmosfera del teatro erano meravigliosi. Ma atto dopo atto le lancette dell’orologio si avvicinavano sempre più alla mezzanotte. Ricordo che ci precipitammo al Checkpoint Charlie e che riuscimmo ad arrivare appena in tempo. Fu comunque la rappresentazione del «Flauto magico» più emozionante della mia vita.

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Il sollievo non durò a lungo

Quando ritornai a Berlino, il Muro non c’era più. Mi ricordo ancora la gioia che provai quando cadde nel 1989. «La Guerra Fredda è finita», pensai, come probabilmente moltissimi altri in tutto il mondo. «Davanti a noi si profilano tempi migliori e più sereni». Purtroppo il sollievo durò poco. Guerra in Medio Oriente, nei Balcani, un attentato terroristico dopo l’altro e, nel 2001, l’attacco al World Trade Center a New York, per cui crollarono tutte le nostre belle speranze. Per me come scrittore, i muri sono sempre stati un tema importante. Nel mio romanzo «La fine del mondo e il Paese delle meraviglie» rappresento una città immaginaria circondata da alte mura da cui non si può fuggire, una volta entrati. Nel romanzo «L’uccello che girava le Viti del Mondo» il mio eroe, dal fondo di un pozzo, riesce ad attraversare le mura e raggiungere un altro mondo. Il mio discorso di ringraziamento in occasione del conferimento del «Premio di Gerusalemme» si intitolava «I muri e le uova». Era sulla durezza dei muri, contro cui ci infrangiamo, fragili come uova. In quello stesso momento a Gaza erano in corso scontri violenti, e mi chiesi se saremmo stati sempre impotenti di fronte a questi muri.

I muri sono un sistema di potere

Per me i muri sono un simbolo di ciò che separa gli uomini dai sistemi valoriali. Limitano, schermano, isolano. In certi casi possono anche proteggerci. Però per proteggerci, dobbiamo escludere quelli che si trovano dall’altra parte del muro – questa è la logica dei muri. All’improvviso diventano un sistema rigido, che si oppone alla logica di altri sistemi, spesso con la forza. Il Muro di Berlino era un esempio lampante di questa dinamica. A volte mi sembra che abbattiamo un muro per erigerne un altro altrove. Può essere un muro fisico o invisibile, che condiziona il modo di pensare. Alcuni muri ci proibiscono di andare avanti, altri muri ci limitano. Finalmente un muro è caduto, il mondo è cambiato, tiriamo un respiro di sollievo. Eppure, improvvisamente da qualche parte è già sorto il prossimo muro. Un muro etnico, religioso, un muro dell’intolleranza, del fondamentalismo, un muro di avidità e paura. Non riusciamo a vivere senza un sistema fatto di muri? Per noi scrittori i muri sono vincoli da spezzare. Non facciamo che questo con le nostre storie – metaforicamente parlando -. Scavalchiamo i muri che separano il reale dall’irreale e la consapevolezza dalla mancata presa di coscienza. Scopriamo il mondo al di là del muro, torniamo di qua e raccontiamo dettagliatamente quanto abbiamo visto, senza pretendere di giudicare il significato del muro o dei suoi pro e contro. Non facciamo altro che rappresentare precisamente quello che appare dall’altra parte. In questo consiste il lavoro quotidiano di uno scrittore.

 

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Anche le storie superano i confini

Se uno legge una storia che arriva al cuore e lo tocca in modo particolare, può succedere che sfondi il muro insieme all’autore. Ovviamente, quando chiude il libro si ritrova fisicamente più o meno ancora nello stesso posto in cui era all’inizio della lettura. Se si è mosso, al massimo dieci o venti centimetri più in là. La realtà fisica non è cambiata e non è stato risolto alcun problema concreto. Eppure il lettore ha la sensazione distinta di aver sfondato un muro spesso, di essere stato al di là e tornato al di qua del muro. Ha l’impressione di essersi mosso fisicamente dal suo punto di partenza, quand’anche di soli dieci o venti centimetri. Per questo sono convinto che questa esperienza fisica sia la cosa più importante nell’atto della lettura. Percepisce la sensazione di essere libero, di potere andare dove vuole passando attraverso tutti i muri. È mio grande desiderio scrivere possibilmente romanzi e racconti di questo tipo, e di condividerli possibilmente con molte persone. Ovviamente i problemi che affliggono il mondo non possono essere risolti attraverso una simile consapevolezza comune. Purtroppo la letteratura non ha un impatto così diretto. Ma disponiamo del potere dell’immaginazione, come cantava John Lennon. Anche se ci sembra impotente di fronte a una realtà cinica e prepotente, ci mette in condizioni di immaginarci un mondo distinto da quello attuale. La forza della fantasia, che tutti hanno, ci dà la forza serena e inesauribile di continuare a cantare e scrivere storie, senza farsi scoraggiare. La capacità di immaginarsi vividamente un mondo senza muri in un mondo di muri, in certi casi, si traduce quindi in realtà. Credo che le storie abbiano questo potere. E non c’è luogo più ideale di Berlino 2014 per riflettere ancora una volta su questo potere. Vorrei mandare questo messaggio ai giovani di Hong Kong che in questo momento combattono contro il loro muro.

(Discorso di ringraziamento per il «Welt-Literaturpreis», traduzione di Ettore Claudio Iannelli)  © Die Welt
Le foto e il testo li ho estratti dal Corriere online.


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