Titolo: Il mio nome è Frank de Jung
Autore: Frank Gonella (Pseudonimo)
Data di uscita: Febbraio 2015
Casa Editrice: Wingsbert House
Pagine: 200
Prezzo: 10,00 – 14,00 €
Edizione: Libro – Copertina Flessibile
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Affari interni
Questo libro si è presentato sulla mia scrivania surclassato dal blasone di un libro su Enzo Ferrari. Appena lette le prime 40 pagine devo dire che sono stato come “preso in ostaggio” dal romanzo. Mi ritrovo qui, nel tardo pomeriggio a stilare questa recensione a caldo dopo aver letto per tre ore di fila senza accorgermi del passare del tempo.
Frank de Jung è una figura dell’altra finanza conosciuta al mondo, quella sporca, estremamente pericolosa e soprattutto illuminata da quella luce nera che può essere puntata solo su uomini duri e senza scrupoli.
Sabbia, Hummer e Grattacieli
Il romanzo comincia come quei film d’azione Holliwoodiani, dove è presente, nell’introduzione, un convoglio di grandi veicoli lussuosi, rigorosamente di colore nero, che corrono fra le strade polverose di una Dubai che sta per accendere le luci notturne.
Un pregio del romanzo è che è interamente raccontato, fatta eccezione per i discorsi diretti, da una voce narrante che, sempre paragonandolo ad un film, rappresenta la miglior accoppiata per un film rocambolesco e pieno di intrighi, come se fosse una figura “super partes”.
Tutto comincia da un party di lusso nella Dubai odierna, dove sono stati presentati diversi personaggi che andranno a comporre il consiglio per portare a termine un affare bancario di carattere mondiale.
Here comes the money!
In un attimo verrete afferrati dal libro e verrete schiaffati in una realtà semplicemente più grande di voi. Sono arrivato a questa conclusione facendomi una domanda: Quanti soldi sono 1.000.000 di dollari?
Non sto parlando di come fare per spenderli, ma proprio a livello di spazio occupato. Quanti sono? Avete fatto più o meno una stima di quanti biglietti da 500 ci vogliano per fare un milione? Vi rispondo io: 2.000 banconote. Non vi sembrano tante? Bene.
Moltiplicate il tutto per 510, che sono i milioni che verranno rubati dal conto corrente della banca ospitante il capitale per concludere l’operazione e avrete l’immagine di quanto sia enorme il mondo della finanza, soprattutto di quella presa in esame.
48 ore valgono una soluzione
Vedo questo romanzo come un thriller atipico, e allo stesso tempo speciale per il suo genere. Non voglio darvi il minimo spoiler, tuttavia, a scopi recensivi, devo comunque esporre il fatto che la vicenda non contiene un livello di azione elevato, questo perché la storia sarà semplicemente una corsa contro il tempo del protagonista che lo vedrà volare in cinque paesi in meno di 48 ore per cercare di riportare tutto il capitale scomparso alla base.
Siamo di fronte ad uno scrittore che è lo specchio del suo protagonista. Cinico, spietato, schematico e incalzante dal punto di vista del ritmo. La scrittura utilizzata è davvero ben congegnata e devo dire che ho apprezzato tantissimo lo stile personale dello scrittore, pur non amando troppo i rafforzativi e le imprecazioni.
L’intrigo viene sviluppato all’interno di un mondo alternativo della finanza mondiale, chiamato genialmente “Nada” (vista la costante che ci viene proposta da uno dei personaggi che dice che: «I soldi vengono dal niente).
Questo losco affare, organizzato da de Jung per far arrivare dei fondi in Togo, una città economicamente con poco appeal, verrà interrotto inizialmente dall’omicidio di un membro fondamentale per la riuscita dell’operazione, che verrà poi messa in stand-by per 48 ore dallo stesso de Jung.
Frank chi?!
E’ proprio in questo momento della storia che si capisce chi è davvero de Jung. Uomo nato in Belgio, istruitosi in Olanda e all’università di Milano, senza tuttavia arrivare infondo agli studi, è riuscito ad entrare nel giro grazie ad un personaggio che non apparirà mai nel libro, ma che viene descritto come maestro e mentore del protagonista. Come ho detto in precedenza, de Jung è lo specchio dello scrittore, visto che, quasi in modo innaturale, non traspare mai alcun sentimento all’interno di tutta la storia. Avrete a che fare con una macchina creata per fare soldi, schematica nelle sue teorie per arrivare al colpevole e determinato a giocare la sua stessa vita per il lavoro, prendendosi rischi che nessun altro, nella sua posizione, avrebbe osato prendersi in carico. Ovviamente, anche lui ha i suoi segreti personali, che ovviamente verranno usati contro di lui, o forse non proprio.
Chi diavolo è stato?!
La forza di questo thriller è che lo scrittore, al contrario di tantissimi altri che spingono volutamente i lettori a credere che un personaggio sia il colpevole per poi cambiare strada, mi ha lasciato senza prove nitide su nessuno dei personaggi, costringendomi, per mia sfida personale, a puntare il dito su un personaggio in particolare, facendomi fare un’accusa basata, alla fine, su cinque righe che mi avevano insospettito verso la metà del libro, per poi costruirmi la soluzione al termine dello stesso, facendomi visualizzare un puzzle che mi ha dato un’idea precisa dei colpevoli, ma che poi, come una telecamera di un film, dopo aver effettuato uno zoom nitido di quello che era successo, si è allargata in una panoramica di tutta la situazione, lasciandomi davvero di sasso e senza una vera risposta.
Giocare&Perdere
Finisco la mia recensione dicendo, o meglio, ammettendo, che non solo lo scrittore mi ha fregato (facendomi puntare il dito su un personaggio, ma smentendomi due pagine dopo), ma mi ha lasciato quel senso di vuoto che solo le opere riuscite bene lasciano al lettore, quel vuoto che ti prende quando il cerchio, nel profondo, non si chiude completamente, e se prima, in questo “Nada” mi sono sentito piccolo, adesso, mi sento totalmente insignificante.
Andrea “Lucky” Venturotti
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