Il mio periodo buio [post lunghissimo]

Da Slela
Ho questo post in bozza da un sacco di tempo.
Scriverlo è stata una sofferenza lancinante.
Non è passato così tanto da quando sono "guarita", le ferite sono chiuse, ma non ancora rimarginate.
Ma ho bisogno di scriverlo, come auto-terapia, perché si avvicina il periodo dell'anno per me più critico, quello che sta tra la primavera e l'estate, il periodo in cui tutta l'ansia e lo stress accumulati cercano improvvisamente una valvola di sfogo.
Adesso lo so, sono in grado di sopportare.
Ma una volta no, e mi sono persa, sono affondata sempre più in basso, e ho fatto una gran fatica a riemergere.
Visto che ci sono parecchi suscettibili in giro, premetto subito che non sono un medico, che questo blog non parla di medicina e di psicologia, che quello che va bene per me non va bene per gli altri, eccetera.
Ok, partiamo.
Sono sempre stata una dura, decisa, che non si arrende, sicura delle proprie decisioni, una su cui ci si può appoggiare senza rischio di cadere.
Il massimo della somatizzazione era il mal di testa dopo un esame.
Le prime avvisaglie che qualcosa stava per cambiare sono arrivate, come ho già scritto in passato, con gli attacchi di panico, che sono arrivati dopo il periodo critico, quando mio marito era in via di guarigione.
Perché si crolla sempre DOPO, non DURANTE i periodi di forte stress.
La mia vita ha continuato, mi sono anche sposata durante il periodo degli attacchi.
Si, ne ho avuto più di uno in quella lunga giornata, ma sono sopravvissuta, in fondo era tutto nella mia testa.
Poi sono rimasta incinta di BimbaBella. E sono magicamente guarita.
Solo qualche raro e leggero attacco. Mi sono buttata definitivamente alle spalle quel brutto periodo.
Andiamo avanti nel tempo, siamo nel 2007, BimbaBella ha 2 anni.
Accetto una supplenza di informatica in un'istituto superiore, 6 mesi, tre classi, con informatica seconda prova scritta di maturità per la quinta.
Sono due lavori, perché l'insegnamento è comunque un lavoro vero e proprio.
La mattina a scuola, il pomeriggio nel mio studio, la notte la preparazione delle lezioni e la correzione dei compiti in classe.
Col senno del poi, come diavolo avrei potuto sperare di uscirne indenne?
Un conto è se puoi demandare, se hai dipendenti.
Se il lavoro è tutto sul tuo groppone, non puoi farcela.
Che stupida. L'esperienza che ho fatto è stata magnifica, ho adorato insegnare, ma se avessi saputo il prezzo non avrei mai accettato.
Il semestre va avanti tranquillo, mi sembra di farcela alla grande, la maturità finisce.
Mi trovo così, da un giorno all'altro, a respirare.
Dopo una decina di giorni, inizio ad avere qualche problema nel mangiare, mi va di continuo a traverso il cibo.
Passano i giorni e la situazione peggiora.
Ho paura di soffocare. Mastico, mastico, non faccio che masticare. Impiego un'ora a finire un piatto scarso di pasta. Inizio a togliere i cibi più problematici e a mangiare da sola per non essere vista.
Perdo un sacco di chili in pochissimo tempo.
Questa cosa ha un nome, si chiama anginofobia.
Ma vuoi mettere in correlazione le due cose? Ci vuole la laurea in psicologia?
No, vado in panico totale e divento ipocondriaca, cosa che non sono mai stata.
Iniziano le visite mediche e gli esami. Non entro nel dettaglio perché potete immaginare da soli.
Praticamente trascorro l'estate chiusa in casa, tra analisi del sangue, vitamine tramite ago, visite specialistiche e gastroscopia (che tra l'altro mi ha diagnosticato la gastrite, almeno una cosa ce l'ho per davvero...).
Prendo diverse medicine, senza risultati ovviamente.
Verso fine agosto, il mio medico, che ha capito tutto, mi prescrive antidepressivi, di quelli che vanno aumentati pian piano e interrotti gradualmente.
Mi massacrano. Passo dall'emicrania al nulla emotivo più totale.
Certo, lo stomaco si scioglie, e non ho più voglia di piangere in continuazione, ma davvero non sento più niente, non ho più emozioni, e non riesco neanche a lavorare.
Dopo un mese smetto.
Non avete idea di quanto mi mancasse mia figlia. Non riuscivo a stare con lei, stavo troppo male e non volevo essere vista così.
La depressione, o crisi di nervi, o chiamatela come vi pare, è davvero una brutta bestia, cazzo quanto sono stata male. Ho anche rovinato la vita a tutti quelli che erano intorno a me.
Qui arriva la svolta, attenzione.
Visto che continuo a perdere peso e inizio anche a vomitare, e inizio a prendere in considerazione una visitina a un centro di cura per l'anoressia, il mio medico, come ultima spiaggia, mi segna una tac.
Ragazzi, ha funzionato.
Non so perché, ma quell'esito negativo ha fatto scattare qualcosa nel mio cervello.
Mi si è sbloccato qualcosa.
Ho realizzato, ho CAPITO, che il problema era tutto nella mia testa.
Rendiamoci conto, ci sono voluti quasi 6 mesi per capirlo e per fare il collegamento.
Ho ricominciato a mangiare, sempre più veloce, per tornare in poco tempo quella di prima.
Immagino che sia difficile da credere, ma così è stato.
Però, non è finita, contemporaneamente alla ripresa dei pasti, arriva l'insonnia.
Ti pareva eh? Troppo facile.
Arriva l'insonnia, quella brutta, quella che davvero non ti fa chiudere occhio per tutta la notte.
E  non è la stessa insonnia di quando i figli non ti fanno dormire.
E' l'insonnia carica di depressione, quella che non fa che peggiorare il tuo stato d'animo.
Dopo un po' di tempo non mi riconoscevo più.
Mangiavo, si certo, ma non dormivo più, non lavoravo più e non vivevo più.
E vai con i rimedi più assurdi... Dopo averle provate tutte, dall'erboristeria all'omeopatia, tutto come acqua fresca, iniziamo con le gocce, si, quelle che danno dipendenza.
Con quelle dormivo, ma mi svegliavo intontita e ancora più demoralizzata.
Siamo a fine anno, dicembre più o meno.
Voglio guarire, ma, più ancora, voglio un'altra gravidanza, un altro bambino, lo voglio con tutto il cuore, e so che combatterò con tutte le mie forze per guarire, per questo bambino non ancora nato.
Penso che senza questa fortissima motivazione non sarei mai guarita del tutto.
Vado da uno psichiatra. Mi lascia parlare appena cinque minuti e, da vero incompetente, mi diagnostica che non ho ancora superato la malattia di mio marito.
Me ne vado per non tornare più.
Non lo sapevo ancora, ma comunque quel medico da strapazzo mi ha salvato, ha trovato la soluzione che faceva per me.
Il nopron, ve lo ricordate? Quello che qualche madre snaturata dà ai propri figli per dormire.
E' un antistaminico, non dà dipendenza.
Butto le gocce, inizio con le compresse, dose massima.
E' tutto un fattore psicologico ovviamente, ma dormo alla grande.
E' una grande iniezione di fiducia per me, e inizio lentamente nei mesi successivi a scalare le dosi, un quarto di pastiglia alla volta.
Quando non posso più scalare le pastiglie, passo allo sciroppo pediatrico, dose da bambini.
Alla fine sono arrivata a prenderne poche gocce, che non avrebbero potuto assolutamente fare effetto su di me.
Ci ho impiegato un mese a togliere quelle poche gocce.
Se ci ripenso mi viene da ridere da quanto ero scema.
E' passato un anno, all'inizio dell'estate del 2008 ero ufficialmente guarita.
Attendo qualche mese per stabilizzarmi e poi pianifico la seconda gravidanza, che è arrivata subito.
Sarà a causa di tutte questo stress che ne sono arrivati due di bambini? :)
Ho buttato al vento un anno intero della mia vita e della vita dei miei cari.
Visto in prospettiva un anno non è che sia tutto questo granché di tempo, molte persone soffrono di grave depressione per tantissimi anni.
Ma quando ci sei dentro, non passa mai.
Di quel periodo ricordo soprattutto il magone che mi prendeva alla pancia la mattina, appena alzata.
Mi chiedevo come avrei fatto ad affrontare un'altra giornata in quel modo.
Finché non ci si passa, non si può capire veramente come si sta male.
Ricordo che prima, quando sentivo al tg la notizia di qualcuno che aveva fatto una strage o si era tolto la vita, mi chiedevo come diavolo si potesse arrivare fino a quel punto. Era un concetto alieno.
Ora lo so.
E continuo a darmi della stupida per essermi rovinata così per niente.
Stavo bene di salute, ma no, mi sono dovuta costruire un carcere di malattia immaginaria tutto intorno a me.
Sono stata fortunata ad uscirne tutto sommato così velocemente.
E spero in futuro di essere brava a riconoscere i sintomi, se e quando arriveranno di nuovo.
Non so in quanti mi leggeranno fino alla fine, ho scritto un poema.
Sono passati solo 4 anni, l'arrivo della bella stagione mi fa sempre un po' effetto.
Sentivo la necessità di scrivere, per non dimenticare.

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