Il mio primo ballo con Charlot
Titolo: L'ultimo ballo di Charlot
Autore: Fabio Stassi
Editore: Sellerio
Pagine: 212
Prezzo: €16,00
Isbn: 9788838927645
Data di pubblicazione: 2012
Trama In una sera di Natale la Morte va a trovare Charlie Chaplin nella sua casa in Svizzera. Il grande attore e regista ha passato gli ottant’anni ma ha un figlio ancora piccolo e vorrebbe vederlo crescere accanto a sé. In un lampo di coraggio Chaplin propone un patto alla Vecchia Signora: se riuscirà a farla ridere si sarà guadagnato un anno di vita. Inizia così un singolare balletto con la Morte, e quella notte a salvarlo non sarà la tecnica consumata dell’attore ma la comicità involontaria che deriva dagli impacci dell’età. La questione però è solo rinviata: anno dopo anno, a Natale, la Vecchia tornerà a reclamarlo e bisognerà trovare il modo di suscitarle almeno una risata. Nell’attesa dell’incontro fatale Chaplin scrive una lunga e appassionata lettera al figlio. Vuole raccontargli la storia vera del suo passato, quella che nessuno ha mai ascoltato, ed ecco che dalle sue parole scaturisce l’avventura rocambolesca di una vita e il ritratto di un’epoca rivoluzionaria. L’infanzia umile in Gran Bretagna, il padre alcolizzato e la madre che perde il senno, l’esordio sul palcoscenico assieme al fratello, il circo e il vaudeville, i primi successi e lo sbarco negli Stati Uniti, dove il giovane Chaplin passa da un mestiere all’altro – tipografo, boxeur, imbalsamatore – e da una costa all’altra. È un orfano a spasso per il Nuovo Mondo, incontra uomini straordinari e gente comune, e dalla loro anima generosa sembrano nascere sempre nuove possibilità. In quegli anni tutto sta cambiando, un fascio di luce su uno schermo bianco ha acceso la fantasia di un’intera nazione. L’America che accoglie Chaplin si guarda allo specchio in quelle prime pellicole, è romantica e vibrante, utopica e capace di qualsiasi gesto, dal più altruista al più vile. È leggiadra come Ester, la cavallerizza che ha incantato l’Europa, e cupa e violenta quanto il Ku Klux Klan. Le avventure di Charlie si susseguono a ritmo frenetico, fra tonfi e trionfi, illusioni e disillusioni, fino al giorno in cui ogni istante di quella vita, ogni emozione e ricordo, si trasformano miracolosamente in qualcosa di assolutamente nuovo. Accade davanti agli occhi stupefatti di una troupe impegnata in un film: un paio di baffetti, una camminata obliqua e incerta, un bastone e una bombetta polverosa, i modi di un Lord nei vestiti di un pezzente. Charlie Chaplin, venticinque anni e l’esperienza di un vecchio marinaio, ha smesso di esistere. È nato Charlot, il Vagabondo, e il mondo non sarà più lo stesso.
«Un giorno senza sorriso è un giorno perso»
Dovrei vergognarmi: io e Charlie Chaplin non abbiamo mai legato. Magari non ho mai avuto la sensibilità giusta, la conoscenza cinematografica adatta, magari sono semplicemente ignorante al riguardo e non riesco a comprenderne il genio. O meglio, che sia un genio nel suo campo lo so, ma non sono mai riuscita a fare mia questa certezza. E so anche che potrei stare qui un'altra ora a tentare di spiegare i perché e i perché no di questo mio mancato legame con Charlot, ma eviterò, che forse non è che questo sia così importante ora. Fatto sta che quando è uscito il libro di Stassi, L'ultimo ballo di Charlot, io non l'ho considerato manco di striscio: non avendo mai letto Stassi, non ne sentivo la mancanza o la necessità, del mio rapporto con l'attore ho appena detto, capirete allora che quel libro non richiamava certo la mia attenzione. Ho lasciato che occupasse gli scaffali delle librerie senza fare clamore, senza andare a sbirciare recensioni, opinioni e pareri, senza fare stalking al libraccio per provare a beccarlo a metà prezzo. Passano i giorni e mi si piazzano davanti recensioni di chi ne dice gran bene. Lettori di cui mi fido. Ed ecco che le cose si capovolgono: un lettore fidato mi dice che quel libro merita davvero e io già mi vedo passare dal "non m'interessa" al "devo averlo immediatamente". (Fortunatamente in tutto questo lo stalking al libraccio mi viene sempre in aiuto: non solo ho trovato il libro a metà prezzo, ma al momento - se il sito sarà magnanimo con me - ne sto prendendo altri due dello stesso autore). Insomma si è capito: Stassi ha fatto il miracolo e ha stabilito una (mia) connessione con Charlie Chaplin. Grazie Fabio! Eppure confesso che l'inizio non mi aveva per niente convinta. Nelle prime pagine assisto al primo siparietto tra Chaplin e la Morte e lo trovo irritante e per nulla divertente. L'attore ormai vecchio fa un patto con la signora Morte: se riuscirà a farla ridere, lei se ne andrà e tornerà a prenderlo l'anno successivo. Il patto sarà valido anno dopo anno: la Morte non lo porterà con sé fino a quando Charlot sarà in grado di farla ridere. L'impatto è stato totalmente negativo per me: essendo solo alle prime pagine ero ancora una persona immune al fascino di Chaplin. A dirla tutta, io al posto della morte non avrei riso, anzi. Mi sarei inutilmente irritata per quella pagliacciata. Non capivo cosa ci fosse di così divertente in quel che il povero vecchietto tentava di fare. Mi sembrava tutto fin troppo patetico e insopportabile. Al punto quasi da chiudere il libro e dirgli addio. Sbirciando le pagine successive avevo notato che però qualcosa sarebbe cambiato: più romanzo e meno teatro. Dovevo provare. Proseguire la lettura in maniera scettica però non mi ha aiutata: l'espediente della lettera che il protagonista usa per raccontare la sua storia al figlio neanche mi convince. In realtà è proprio l'uso in generale della lettera che - ovunque lo incontri - ormai mi fa storcere il naso. Lo trovo sempliciotto, furbo e banalissimo. Insomma Stassi con me aveva cominciato col piede sbagliato: un siparietto che non fa ridere e una lettera di un padre a un figlio come pretesto per dare il via al romanzo di una vita. Cosa sarebbe accaduto poi? Avrei letto fin quando la noia non mi avrebbe costretta a mollare? Probabilmente sarebbe andata così. Ma la noia non si è mai fatta viva. Neanche quando gli incontri con la Morte si sono ripetuti nel corso della storia. O quando Chaplin si è più volte rivolto al figlio, durante il racconto, ricordandomi che quelle pagine di vita non erano altro che una lunga lettera. Anche quei casi che in primo momento non avevano fatto altro che innervosirmi ora non riuscivano più a tormentarmi come prima: ormai avevo gli occhi così pieni di Chaplin, così illuminati dalla storia di un uomo che non si è mai arreso e che ha saputo fare tesoro di ogni esperienza, che ne ero irrimediabilmente affascinata. Ipnotizzata. Al punto che ad ogni incontro con la signora della falce, ero lì a ridere io per lei, anche se quel che accadeva non faceva ridere per nulla, ma era mio dovere appoggiare e incoraggiare quell'uomo, e da parte mia dovevo fargli sentire che ce l'aveva fatta: mi aveva conquistata. Fossi stata io la Morte, gli avrei concesso sempre un anno in più da vivere. L'avrei probabilmente reso immortale... ma non ha avuto bisogno di aiuto in questa impresa, ha saputo rendersi eterno da solo, grazie alla sua arte. Prima di leggere questo romanzo non conoscevo la vita dell'attore, non conoscevo assolutamente nulla. Ora che ho letto queste pagine non so dire quanto ci sia di romanzato e quanto di realmente accaduto, ma mi verrebbe quasi da ammettere che non m'interessa. Stassi è riuscito a costringermi ad appassionarmi alla storia di un uomo che non avevo mai preso in considerazione. È riuscito a farmene comprendere la forza, la novità, il genio. Ha il merito di aver rispolverato la vita di un grande e averla portata ai lettori in maniera semplice, quasi fiabesca. Quel che il lettore ne ricava non è la conoscenza di tot episodi veri o fittizi, ma quello che è stato il rapporto del grande attore col mondo, col lavoro, con l'amore, con la fama. Quel che emerge da queste pagine è l'esperienza di Charlot alle prese con la vita. Non so, non riesco a dire altro e da una parte non vorrei neanche dire altro: è tutto così bello che bisogna farsene travolgere direttamente. È una poesia, la vita di quell'uomo, e Stassi ha saputo coglierne il ritmo e metterlo in prosa. Buona lettura!