Questo è il primo libro di John Green che leggo e non sarà l’ultimo. Non ho letto Cercando Alaska, non perché fossi prevenuta, semplicemente non è capitato. Mi è invece capitato fra le mani questo suo ultimo romanzo e mi è stato difficile posarlo prima di aver terminato di leggere l’ultima pagina. Colpa delle stelle racconta di una storia di amore fra due adolescenti malati di cancro, nulla di più semplice e usuale, un topos: eros e thanatos. Inusuale e però la maniera in cui l’autore dipinge davanti ai nostri occhi i personaggi e la loro vita. Non c’è pietismo, non c’è pornografia del dolore, non c’è esagerato cinismo e neppure quello sguardo entomologico che facilità il distacco emotivo. Il segreto per ottenere tutto questo è molto semplice: John Green non ha scritto una storia sul cancro, su degli adolescenti malati, sulla malattia, sul dolore, sulla morte; John Green ha scritto una storia d’amore, di quell’amore adolescenziale che è carico di tutte le aspettative che la giovinezza porta con sé e caratterizzato dal senso di invincibilità che hanno solo gli adolescenti e proprio in questo contesto si inserisce paradossalmente la presenza della malattia. Ho lavorato per alcuni anni per una ONLUS che si occupa di organizzare soggiorni per bambini e famiglie affetti da patologie gravi o croniche, durante la formazione il medico responsabile mi ha detto una frase che non ho mai dimenticato: mi stava raccontato di quando le dissero che avrebbe dovuto fare un breve stage nel reparto di oncologia pediatrica, era molto spaventata e si immaginava un reparto pieno solo di testine pelate. Iniziato lo stage dopo poche ore si accorse che era un reparto pieno di bambini. La potenza dell’infanzia e dell’adolescenza è questa: riesce a farti dimenticare la malattia, non si lavora, non si presta servizio volontario, non si gioca, non si ha a che fare con dei malati ma con dei bambini e con dei ragazzi che possono essere meravigliosi o insopportabili come solo loro sanno essere. John Green è riuscito in questo piccolo miracolo che ho sempre fatto molta fatica a spiegare a chi mi chiedesse come facessi a fare il mio lavoro, la prossima volta che mi verrà posta la stesa domanda, consiglierò un libro.
Questo è il primo libro di John Green che leggo e non sarà l’ultimo. Non ho letto Cercando Alaska, non perché fossi prevenuta, semplicemente non è capitato. Mi è invece capitato fra le mani questo suo ultimo romanzo e mi è stato difficile posarlo prima di aver terminato di leggere l’ultima pagina. Colpa delle stelle racconta di una storia di amore fra due adolescenti malati di cancro, nulla di più semplice e usuale, un topos: eros e thanatos. Inusuale e però la maniera in cui l’autore dipinge davanti ai nostri occhi i personaggi e la loro vita. Non c’è pietismo, non c’è pornografia del dolore, non c’è esagerato cinismo e neppure quello sguardo entomologico che facilità il distacco emotivo. Il segreto per ottenere tutto questo è molto semplice: John Green non ha scritto una storia sul cancro, su degli adolescenti malati, sulla malattia, sul dolore, sulla morte; John Green ha scritto una storia d’amore, di quell’amore adolescenziale che è carico di tutte le aspettative che la giovinezza porta con sé e caratterizzato dal senso di invincibilità che hanno solo gli adolescenti e proprio in questo contesto si inserisce paradossalmente la presenza della malattia. Ho lavorato per alcuni anni per una ONLUS che si occupa di organizzare soggiorni per bambini e famiglie affetti da patologie gravi o croniche, durante la formazione il medico responsabile mi ha detto una frase che non ho mai dimenticato: mi stava raccontato di quando le dissero che avrebbe dovuto fare un breve stage nel reparto di oncologia pediatrica, era molto spaventata e si immaginava un reparto pieno solo di testine pelate. Iniziato lo stage dopo poche ore si accorse che era un reparto pieno di bambini. La potenza dell’infanzia e dell’adolescenza è questa: riesce a farti dimenticare la malattia, non si lavora, non si presta servizio volontario, non si gioca, non si ha a che fare con dei malati ma con dei bambini e con dei ragazzi che possono essere meravigliosi o insopportabili come solo loro sanno essere. John Green è riuscito in questo piccolo miracolo che ho sempre fatto molta fatica a spiegare a chi mi chiedesse come facessi a fare il mio lavoro, la prossima volta che mi verrà posta la stesa domanda, consiglierò un libro.
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