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Il mio primo viaggio con la reflex

Da Ragdoll @FotoComeFare

Quando iniziai ad interessarmi alle DSLR, decidendo di comprarne una, non feci le cose con calma prendendomi tutto il tempo necessario. Forzai i tempi maledettamente, e lo feci perché, da lì a un mese circa, sarei dovuto andare per due settimane in Colombia (qui la storia del mio primo acquisto).

Dovevo fare un viaggio così lungo ed esotico che non potevo rimandare al ritorno l’acquisto della reflex. Era un’occasione da non perdere.

Puoi immaginare quindi l’emozione di unire un viaggio così avventuroso a quella di avere la macchinetta nuova di zecca… così tanta emozione che combinai ben poco.

Appena arrivato a casa dei miei parenti colombiani, vidi che il giardino posteriore si affacciava su di una stupenda vallata, quale occasione migliore per scattare e mettere alla prova le mie ormai infallibili capacità fotografiche! Mi misi a provare, ma le foto risultavano troppo luminose, qualcosa di decente ne uscì fuori ma lasciai perdere per obbligazioni familiari e perché, pensavo, di avere tutto il tempo di fare centinaia di foto… povero illuso!

Alla prima uscita me la portai dietro con l’obiettivo di scattare, finalmente, la perfetta foto colombiana. Uscimmo di casa e mi portarono su di un sentiero che unisce due paesini situati nella zona delle piantagioni di caffè.

Timidamente (ma con presunzione! Tutto in manuale) cominciai a cercare di scattare qualcosa. I risultati furono pessimi: foto mosse, foto troppo scure, troppo chiare o, persino, completamente bianche. Ci muovevamo tra zone di sole e zone d’ombra, e la cosa mi confondeva sempre più.

A questi ingredienti aggiungiamo la mia inesperienza e le mie scarse conoscenze teoriche e la frittata è fatta. In quel momento, infatti, ero convinto che più luce ci fosse, meglio venisse la foto.

Secondo questa contorta regola che avevo auto-generato, a mezzogiorno avrei scattato la foto perfetta. In realtà quello che succedeva era che i paesaggi erano stupendi, ma io non riuscivo a catturarli come volevo. La troppa luce infatti faceva si che non riuscissi a dar vita ai colori che vedevo nella realtà e le foto che scattavo avevano spesso uno strano effetto “foschia” come le foto qui sotto:

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Il fatto che non sapessi ancora a cosa servisse scattare in RAW era un’aggravante non da poco, ma nella mia testa, in quel momento, fare tutto ciò voleva dire imbrogliare, perché pensavo che in quel modo si aggiungesse una componente artificiale alla creazione della foto. Se avessi scattato in quel formato, avrei avuto almeno la possibilità di bilanciare l’esposizione ed i colori in post-produzione, e foto come queste, che sono risultato troppo luminose, ma tutto sommato buone, avrebbero potuto essere migliorate non di poco:

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Ma il peggio doveva ancora arrivare. Immaginate la sensazione di impotenza che potete provare in una situazione simile a quella che vi ho descritto…. bene, adesso aggiungete un’allegra comitiva di accompagnatori.

Infatti, ogni volta che mi fermavo per scattare, perdevo un sacco di tempo e, dopo tre o quattro scatti mi accorgevo che il resto della comitiva era 20 metri più avanti ad aspettarmi. Quando gli scatti erano una decina cominciavano a lamentarsi…

La sensazione che provavo era davvero amara. Mi sentivo impotente perché le foto non erano quello che cercavo e volevo, non trovavo il tempo di fare vari tentativi e, inoltre, volevo godermi il viaggio normalmente.

Dovevo accettare la realtà e scattare foto nei modi automatici? Giammai!!! Il mio orgoglio prima di tutto. Continuai per tutto il giorno, e per tutto il viaggio, a scattare sotto pressione, con il fiato del gruppo sul collo.

La mia inesperienza mi aveva messo di nuovo i bastoni tra le ruote. Probabilmente, se avessi usato i modi automatici, le foto sarebbero venute meglio (più che probabilmente, sicuramente) ma vuoi mettere la soddisfazione?

Ostinatamente continuai imperterrito ad usare il modo manuale, sforzandomi di azzeccare le condizioni di luce al primo colpo. I risultati non erano granché ma, col passare del tempo, miglioravo. Avevo cominciato ad evitare di fare foto in piena luce e magari cercavo di stare in una zona d’ombra anche per fotografare soggetti colpiti dal sole. Continuavo a sbagliare tanto, ma il numero di tentativi necessari ad avere dei risultati quantomeno decenti diminuiva ogni giorno di più.

Ancora adesso mi mangio le mani per non aver usato il RAW, perché probabilmente molte di quelle foto si sarebbero potute migliorare, ma almeno la prossima volta non sarò preso alla sprovvista.

Proprio negli ultimi giorni ebbi la possibilità di uscire al calar del sole. I colori erano più caldi e le ombre molto lunghe. E, passando per quelle strade, ho fatto la foto del viaggio che più mi piace. Il bimbo si rifiutò di guardarmi, ma almeno ho colto la scena.

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