R. Raj Rao (1955) è uno scrittore e insegnante di letteratura e uno dei più importanti leader di attivisti per i diritti omosessuali in India. Il suo romanzo “Il mio ragazzo” (2003) è uno dei primi romanzi gay a provenire dall’India.
Ha conseguito il dottorato di ricerca in letteratura inglese presso l’Università di Bombay, e studi post-dottorato presso l’Università di Warwick. E’ autore di Slide Show (poesie), One Day I Locked My Flat in Soul City (racconti brevi) e Nissim Ezechiele: la biografia autorizzata. La raccolta di poesie ‘BomGay‘ ha gettato le basi per il film Bomgay, di Riyad Wadia (1996), presentandosi come il primo film gay indiano.
Rao è docente del dipartimento di Inglese all’ Università di Pune, è fondatore del Circolo Queer Studies, un gruppo di studenti gay-lesbiche , e si autodefinisce un utopista radicale.
Autore: R. Raj Rao
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Edito da: Metropoli D’Asia (Collana: Narratori)
Prezzo: 14,50 €
Genere: Letteratura orientale, romance, adult
Pagine: 320 p.
Voto:
Trama: Una intensa storia d’amore omosessuale tra un giornalista e un intoccabile, in una Bombay sordida e violenta. Il giornalista quarantenne Yudi inizia una relazione con il diciannovenne Milind, e lo ospita nel suo appartamento nelle settimane in cui a Bombay scoppiarono le bombe sui treni urbani che fecero centinaia di morti. I due tentano una convivenza nella quale misurano le rispettive appartenenze di ceto sociale, ma Milind scompare insieme a un produttore televisivo, nel sottobosco della Bollywood più corrotta. Così il giornalista inizia il suo viaggio dapprima nella Bombay del cinema e della moda, poi nella comunità degli intoccabili. Ritroverà il compagno tanto simile e tanto diverso da lui?
Recensione
di Livin Derevel
Un libro carino, delicato e armonioso. Apre al lettore un mondo esotico e così tremendamente lontano dall’occidente a cui è abituato, scavalcando anche l’ultima ondata di film di Bollywood che si sono dati poco la pena di spiegare come fosse vivere realmente in una Bombay caotica e priva di un equilibrio costante: da una parte, la società più borghese – in cui vivono i ricchi, i colti e le persone rispettabili – e dall’altra, le periferie dove sono relegati gli intoccabili, persone indegne di mischiarsi col resto della popolazione, destinati per sempre a nascondersi tra indifferenza, astio e tradizioni profondamente radicate nell’animo.
Questo romanzo è stato davvero una sorpresa. L’autore ha dato una completa panoramica delle usanze e degli usi indiani in una maniera coinvolgente e originale, esaustiva ma mai pesante, il personaggio di Yudi – intellettualoide conscio di una globalizzazione innovativa e quindi dall’ampia mentalità – si districa tra i diversi ceti con gentilezza, senza declassare né decantare, dipingendoli con realismo e obiettività.La storia d’amore tra i due protagonisti mi è piaciuta un po’ meno: Yudi è un giovanotto profondamente innamorato, che spende i suoi soldi e il suo tempo con Milind, un ragazzetto che tuttavia si dimostra ingrato ed infantile; le sue azioni sono dettate dall’ignoranza prodotta dalla segregazione nei suburbi, è un personaggio volubile e pretenzioso, che però risulta di un certo fascino, e che non disdegna le attenzioni del giornalista. Anche se non è chiaro se il suo interesse sia verso Yudi o i suoi soldi.
E’ un libro particolare. Diverso da quello a cui la media degli italiani è abituata, scritto in toni sciolti e disincantati, non è volgare né paternalista, piacevole.
Le ultime pagine sono amarognole, ma che lasciano aperte le speranze per qualcosa che forse non arriverà mai.