Magazine Diario personale
Avevo bisogno di un nuovo telefonino. Falso. Ma avevo bisogno.
Ero sciupato e freddo, volevo un commesso che mi dicesse le sta benissimo.
Pensavo che con un telefonino VERO, contemporaneo, avrei dovuto vestirmi meglio – l’avrei fatto per lui, per non farlo sentire in imbarazzo quando l’avessi tirato fuori dal buio delle mie tasche.
Non ne parlo a nessuno, zitto e veloce mi infilo in un MediaOrco per farmi aggiornare e ripulire.
E’ mattina, intorno solo brufoli che bigiano giocando a isspro e commessi che hanno lasciato la scuola per un lavoro che permette loro di giocare a isspro in pausa pranzo.
Rinuncio a esporre il mio dramma. Confuso come un amish in un solarium lascio l’impronta dei miei ditoni sulle teche di vetro che custodiscono tot milioni di megapixel, asterischi, cancelletti.
Esco dall’orrendo tempio mezzora dopo, sudato, confuso e con un Nokia grosso come una fetta di plumcake, volgare, tozzo, pitturato da fior di fragola e con una suoneria da far invidia a Radio Rakim.
La situazione non è migliorata. E’ impresentabile quanto me.
Estrarlo in luoghi affollati è dire l’ho scelto. E per tre mesi chiunque mi chiami non sa di azionare settanta decibel di Buddy Holly dei Weezer, ch’io sia a un funerale o alle poste.
Poi, una notte di quelle che non si dovrebbero guidare neanche i risciò, lo lancio nell’Idroscalo e adiacenze. Per vedere l’effetto che fa.
Quando mi riprendo, sono impresentabile e irrangiungibile.
Passano due giorni e una santa, impietosita dal racconto e dal narratore, estrae un telefonino dalla borsa e mi dice tieni, è tuo.
Un Nokia e rieccoci ma di quelli vecchi che non si rompevano neanche se.
Infatti, tuttora.
Ed eccoci al punto.
EasyJet Milano-Catania – ma vale un volo qualsiasi per un luogo qualsiasi.
Ti siedi col sacchetto per il vomito davanti e le maschere di ossigeno sopra – non esattamente auguri di buon viaggio - e una voce dice da questo momento dovete spegnere tutti i telefoni cellulari e apparecchi elettronici come etc etc.
Tutti i telefoni cellulari vuol dire anche il mio.
Bene.
Devo credere dunque che l’uccello di latta che mi porterà a diecimila metri sopra il livello del mare ma peggio ancora al livello dei sassi abbia da temere dal mio Nokia con fotocamera da 20 k?
Tutti i vostri salvagenti, giubbotti, scivoli, figli di puttana che mi fanno buttare lo shampoo, metal detector che cercano vibratori, taglierini e candelotti di Wile Coyote, tutte le vostre uscite di emergenza, le pistole portate nel fodero da cani e porci e porci con cani, le lucine in cabina, le hostess materne esperte di kung fu, le vostre gallerie del vento, i librettini da video di Royksopp che ti dicono come salvarti se l’aereo precipita da trenta metri di altezza su una spiaggia delle microcicladi, tutta la vostra sicurezza del cazzo.
Tutto e tutto e tutte in balia del mio cellulare e del suo tastino gommoso e rincagnato che a fatica convinco con l’unghia?
Peggio ancora: io d’improvviso eletto mastro burattinaio della vita di questi italioti, turistacci, suore (tua), complessini, piloti e managerotti. Io decido della loro vita.
Ditelo da quell’altoparlante, ditelo se è vero che ognuno è dunque responsabile della vita di tutti gli altri, finite la frase.
Perché nessuno mi fruga nelle tasche? Perché non mi dite perché devo spegnerlo, quali sarebbero le conseguenze del tenerlo acceso? Perché nessuno controlla? Perché non me lo fate buttare in una cesta, perché non lasciate che ognuno sfoggi il suo telefonino spento, perché non lasciate che i miei vicini di posto lato finestrino grazie che soffro il volo ridano del mio telefonino?
Se solo l’hostess fosse tenuta a portarmi qualcosa da mangiare, le lascerei sul riso scotto un bigliettino con su scritto non l’ho spento e non lo spegnerò.
Lo squillo, l’orrenda suoneria Bluesquares che parte (ta ta tara, tattara tatta ta) e poi l’esplosione.
La scatola nera che registra tutto. I telegiornali che la mettono come colonna sonora mentre elencano i nomi delle vittime. Il giorno dopo migliaia di talebani e americani con la barba da talebani fanno esplodere migliaia di aerei a colpi di sms e chiamate con l’addebito.
Non succederà, perché la sicurezza è solo la voglia di avere dei guardiani.
L’hostess lo sa e si mangia il biglietto – tanto la sua dieta è di poco migliore.
E io resto seduto, con in tasca un’arma di distruzione di massa che nessuno ha voglia di disinnescare.
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