Magazine Cultura
Innanzitutto il titolo. Il mio Vajont. Il mio.Con un titolo così si fa presagire il fatto che si tratterà di una storia personale, una storia che appartiene a quel "mio".Infatti aprendo il libro si trova un'introduzione (questa volta con disegni di Paolo Cossi) che piano piano ci porta a una voce che ancora decide di non farsi vedere. E' una voce che non appartiene solo a quell'uomo, ma anche a quel piccolo paese ovvero Erto.Il Vajont. Tanto s'è detto di questa diga attraverso film come Vajont di Renzo Martinelli che se vedi solo queste immagini non sembra tanto differente dal disastro del Titanic...
...allo spettacolo di Marco Paolini
solo per raccontarne alcune.
Ritornando al graphic novel, la storia è ambientata proprio quando stanno realizzando il film di Martinelli: un mostro di cemento rappresentante la diga attira l'attenzione di Luca, il nostro protagonista.
E così dall'intenzione di fare campeggio si parte con quella di scoprire la storia del Vajont venendo "catturato" dal piccolo paese di Erto.Infatti questo piccolo paesino della provincia di Pordenone rappresenta un protagonista non materiale, ma che attraverso i disegni di Marco Pugliese sembra palpabile. Anzi è il vero protagonista.E leggendo si capisce la differenza dei luoghi e dei personaggi.Nei disegni (potete vedere qui alcune tavole senza lettering) le persone vengono rappresentate con uno stile molto sintetico, lineare per non parlare dei visi dove è molto minimale, ma se prima le espressioni mi sembravano approssimative, ad uno sguardo più attento e senza leggere i balloon riuscivo ad intuire le emozioni di ogni personaggio.Come ho specificato prima, è il paese di Erto il vero narratore con i suoi compaesani, con i boschi, le strade... Tutto sembra avere fatto di quel nome il proprio significato (erto significa ripido, scosceso, difficile).E' come una sirena che ammalia ogni visitatore, ma è una sirena ferita con le sue cicatrici che chiede di non essere dimenticata.
Un punto debole è rappresentato dalla ragazza di Luca. Irritante, la vedi con un piercing al naso sembra uno stereotipo dei giovani e la scena citata dalla recensione di Laura Pasotti nella rivista Fumo di china (vedi qui) ovvero lei arrabbiata con le linee cinetiche che le partono dalla testa e dalla bocca la trovo semplicemente molto buffa.Comunque non sono per niente d'accordo con la sua valutazione finale. Sì, avrà dei difetti ma non col dire che è scarso, che è un'occasione sprecata.Invece credo che sia un graphic novel che si lascia raccontare, che preferisce fare dei passi indietro per far sì che siano le sensazioni a scaturire. Basta vedere anche le immagini finali che rappresentano una chiusura del cerchio. Sono immagini che possiedono respiro, che si espandono oltre la chiusura delle tavole e la sceneggiatura di Cossi è asciutta quindi ritengo questa unione, considerando anche i difetti, riuscita.Mi auguro solo che il tratto di Marco Pugliese maturi conservando però la freschezza, ma credo che ci riuscirà e non lo dico solo perché è un mio amico.Ovviamente si parla del disastro del Vajont, ma non è il tema principale anche se è il leit-motiv della storia.
Il mio Vajont di Paolo Cossi e Marco Pugliese (+ dvd con il documentario "La valle del Vajont", un videoracconto di Sergio de Filippo e una testimonianza di Luciano Pezzin, sindaco di Erto)ed. Lavieri 10,35 euro
blog di Paolo Cossi (clicca qui)
il copyright dei disegni appartengono all'autore
a sinistra Paolo Cossia destra Marco Pugliesee al centro io così felice che non riesco neanche ad esprimermi
Curiosità: Mauro Corona appare qui come "comparsa" ma è stato raccontato da Paolo Cossi nel suo primo libro ovvero Corona. L'uomo del bosco di Erto, 2002
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