Scrivo con le mani ancora tremolanti e una voragine di pensieri che mi invade la testa, ma che ancora non riesco a mettere in ordine. Il nostro viaggio in Messico è stato totalizzante, forte, d’impatto.
Voglio iniziare a parlarvene ora, riportando fedelmente ciò che ho scritto di getto in una pagina del mio diario mentre ero ancora lì, intenta ad esplorare un angolo di mondo che ha saputo farmi brillare gli occhi.
Giuro che nel prossimo post vi riempirò di informazioni, itinerari e consigli, ma ora preferisco far esprimere il cuore.
Credo che il Messico sia un posto impossibile da conoscere fino in fondo, un universo racchiuso in uno spazio solo più ristretto. E’ un agglomerato di mondi differenti che meritano di essere visitati uno ad uno.
Questo viaggio ci ha permesso di scoprirne una bella fetta, uno di quegli assaggi sostanziosi che poi ti spingono a cercare altri morsi. Il regalo più bello, alla fine dei conti, forse sono stati proprio i messicani. Sarà che partivo un po’ con le mani avanti, sarà che non me li aspettavo mica così, però a volte ho temuto davvero che il cuore stesse per scoppiare.
Sono racchiusi in uno stato mentale che sembra essere rimasto indietro nel tempo e che al quale, secondo la mia opinione mentale, invece noi ancora non riusciamo ad arrivare e non sono certo stacanovisti, questi omini “color caffè”, come si è autodefinita la nostra guida in uno dei siti maya ma hanno capito tutto.
Estremamente sorridenti, educati e legati al territorio, drizzano le orecchie non appena ti sentono pronunciare un complimento, e iniziano a raccontarti le loro origini, le caratteristiche della loro etnìa -una a caso tra le tanti esistenti- e nel farlo ti invitano ad entrare nel loro mondo, quello che diventa lo scopo di ogni viaggio.
Ad esempio, mi è bastato chiedere un’informazione su una strada per ricevere una scarica di notizie utili su Merìda, rigorosamente senza volere nulla in cambio. E così ci siamo imbattuti nei sorrisi di Antonio, affabile cameriere dello stato del Michoacan che ha girato il Messico in autostop, fermandosi a lavorare in cambio di alloggio fino a quando non si è imbattuto nella sua bella moglie cubana, dalla quale ha avuto due figli. Adesso Antonio lavora tanto nel ristorante e quando i clienti vanno via torna a casa a riposarsi. Solo per un’oretta però, perchè poi inizia il suo turno in un locale notturno.
Beh, lui forse un po’ stacanovista lo è.
Un viaggio in Messico accontenta tutti i gusti, da quelli più semplici ai più particolari.
Il paesaggio cambia in fretta passando da un mare cristallino -hei, siamo pur sempre ai Caraibi-, grandi metropoli fino ad arrivare alla giungla. Credo sia fondamentale essere in continuo movimento per entrare in contatto con le diverse facce di un paese tanto immenso quanto sorprendente.
Per quanto mi riguarda, sono contenta che il mio punto di partenza sia stato rappresentato da Città del Messico e non vedo l’ora di parlarvene perchè gran parte del merito va a lei, a questa capitale caotica e sorprendente e piena di storia.
L’ho amata, l’ho amata tanto e in un modo strano, quasi disordinato.
E la cucina dove la mettiamo?
Anche se ho intenzione di dedicarle uno spazio ampio e dettagliato, non posso fare a meno di nominarla perchè è stata uno dei punti cardine di questa esperienza. Non è vero che tutto è piccante, tutto è troppo speziato, tutto è troppo particolare. Noi ad esempio odiamo il coriandolo, molto usato dai messicani, ma ci è bastato avvisare i camerieri o chi di dovere.
Sapori veri e autentici consumati in ristoranti o in taquerie improvvisate in un qualsiasi garage. Ho mangiato bene ovunque e ho mangiato tanto.
Forse troppo, ma chi se ne frega!
Poi c’è il passato con le sue tradizioni buffe e anche un po’ inquietanti, un capitolo diverso da quelli incontrati fino a questo momento, quasi come fosse il libro delle fiabe di un qualsiasi bambino. Il Messico ne ha viste tante, tantissime e forse combatte ancora contro la scia di un prologo mal scritto.
Ma mi basta pensare alla sua storia per lasciarmi alle spalle queste riflessioni e sorridere al richiamo delle rovine maya, che cavolo.. Quanto mi hanno emozionata!
Probabilmente appassionerebbero chiunque, sono un esempio unico di archeologia e sfido anche la persona più scettica a rimanerne delusa.
Il nostro viaggio in Messico ha confermato un concetto base che porto dentro: viaggiare equivale alla mia felicità.
Non ci sono scampi, è il mondo stesso la mia casa, il mio porto, la mia parola di conforto e lo sfogo alle mie risate.
Il mondo è la mia cura e la mia ossessione positiva.
Ogni esperienza insegna e questi diciassette giorni hanno tatuato in me un pensiero che, come dico sempre, troppo spesso viene messo da parte, ma che è sempre il momento giusto per tirare fuori: la felicità è una scelta.