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Il miracolo di questa vita tutta

Creato il 26 febbraio 2011 da Viadellebelledonne

Il miracolo di questa vita tutta

René Magritte, Il vaso di Pandora

O madre segreta.
O madre silenziosa e attenta. O madre ruvida
e tagliente come una polvere di vetro.
Sai che resistere al dolore è una forma di vita
assai distratta m.r. 

di Marco Ribani

Il miracolo di questa vita tutta stropicciata
sgangherata è un miracolo che non è di lampo
viene da una poesia che deborda dalla pentola
in cui l’alchemico apprendista mescola grumi
di coscienze strappate con le unghie al volere
del signore. E allora aggiunge e schiuma e toglie
e poi tutto che bolle come in una danza
e alla fine si lascia decantare.
Da quella pentola vivente si sentono le voci
anche quelle per cui invano invochi il dono
della perenne sordità. Luci. Il dolore delle lame
delle luci. Ci si guarda intorno spaventati
e poi con lo spavento grande fatto a imbuto
si trangugia solitudine. O madre segreta.
O madre silenziosa e attenta. O madre ruvida
e tagliente come una polvere di vetro.
Sai che resistere al dolore è una forma di vita
assai distratta. Allora a volte basta un latrato
un canto inappropriato di un gallo
che ha smarrito il tempo o la tuba bassa del pavone
per dare condimento a quel paiolo di cui
a dire il vero non so neanche come bolla
così senza il suo fuoco

 

Ascolta Marco Ribani, Il miracolo di questa vita tutta

 

Il bollore  di questa pentola alchemica che dice Marco Ribani, somiglia terribilmente a quel vaso che così faticosamente si accetta per quello che è: un contenitore inconoscibile, ma che ha nome di donna: Pandora. La donna mandata da Zeus a iniziare la condizione umana. Portatrice di ciò che fino allora sconosciuto, viene nominato per la prima volta per quello che è: fatica, sofferenza, dolore, morte. Tuttavia sarà proprio Pandora, secondo la tradizione greca, la prima donna a portare nel suo ventre la vita. “E la storia continua: ho avocato il vaso e suoi mali, ma non ho speso una sola parola per quello che resta sul fondo. Proprio lì, infondo all’orcio, o perché non ha avuto il tempo di uscire o semplicemente perché non ha avuto fretta, si trova un’entità che in Grecia si chiama elpis, generalmente tradotto come “speranza” (1)”. In questa poesia, quella donna, sembra proprio la femmina segreta che trangugia in silenzio la sua stessa trama nel farsi ambiguamente madre. Contenitore di un’ebollizione lacerante, in ogni caso: per il vaso che ne è eroso e per il risultato del bollore: figlio che di tanta madre, fatica a intendersi prodotto. E Marco Ribani, pare dica proprio questo, con la chiarezza risoluta di chi abbia inteso nella sua fibra la resistenza che smemora madri e figli, e permette loro di amarsi nonostante. v.s.

1. Jean-Pierre Vernant, Pandora, la prima donna, Einaudi, Torino, 2008, p. 45



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