A. Messina, Il mirto e la rosa, Sellerio, Palermo 2008
Annie Messina, nipote della più nota Maria Messina, scrittrice siciliana di fine ottocento. Figlia del console italiano ad Alessandria d’Egitto ha speso gran parte della sua vita in quel paese. Ha tal punto, pare, lo amava, da assumere uno pseudonimo arabo-egiziano, Gamila Ghâli, per firmare le sue opere.
I suoi libri, Il mirto e la rosa è del 1982, raccontano storie di amori tragici, molto passionali, che tuttavia non riescono o non possono essere pienamente vissuti e che proprio per questo consumano i protagonisti.
Alfredo, che mi ha regalato questo romanzo, mi ha detto, consegnandomelo: “Però, prof., non mi dica che è orientalismo!”. Ma io non ce la faccio proprio a non commentare questo romanzo dal mio punto di vista…
La storia è gradevole e il libro si legge in un soffio. È anche ben scritto ma ricalca un cliché non solo nell’ambientazione da favola, con due personaggi che incarnano l’uno la forza virile matura temperata dalla saggezza che viene dall’esperienza e l’altro la gioventù e l’innocenza. Troppo perfetti entrambi per i miei gusti. Non manca nemmeno il cattivo lubrico, che addirittura muove guerra al protagonista tanto forte è il desiderio di possedere “la rosa”.
E poi il finale. Scontato e non propositivo, alla Thelma & Louise.
Certo, le passioni giocano un ruolo nella nostra vita, ma la perfezione – se mai è possibile che esista – è destinata a infrangersi contro i marosi della realtà.
(Su Annie Messina è possibile leggere C. Barbarulli-L. Brandi, I colori del silenzio. Strategie linguistiche e narrative in Maria Messina, Tufani.