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Il missile indiano Agni-V cambierà le regole del gioco?

Creato il 16 maggio 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Il missile indiano Agni-V cambierà le regole del gioco?

Il lancio indiano dell’Agni-V, un missile di raggio intermedio e vicino a una gittata intercontinentale, è stato ampiamente acclamato come “rivoluzionario” e definito una “pietra miliare” nella ricerca della sicurezza per l’India. Ora che gli applausi sono terminati, vale la pena soffermarsi sulle modalità in cui sono state modificate le regole del gioco in seguito a questo lancio.

Infatti, si possono identificare almeno tre “partite”. La prima sfida, quella maggiormente enfatizzata, ovvero dissuadere la Cina, è irrilevante. Per la seconda partita, la politica strategica, si è trattata di una mossa vincente. La terza, la strategia di sicurezza e deterrenza, è risultata invece una mano perdente.

In primo luogo, per quanto riguarda la deterrenza nei confronti della Cina, è stato detto che il principale risultato dell’Agni-V sia la sua maggiore portata. Con una gittata di 5,000 km, è capace di colpire tutta la Cina (leggi Pechino e Shanghai) dal profondo interno del territorio indiano. Ma l’idea che Pechino e Shanghai debbano essere colpite in modo tale da scoraggiare la Cina è discutibile poiché presupporrebbe che i leader cinesi sarebbero disposti a rinunciare a città più piccole ma pur sempre di grandi dimensioni che si trovano più vicine all’India. Con una popolazione superiore ai 5 milioni, Kunming, è situata a meno di 1,500 km da Kolkata mentre Guangzhou, la cui popolazione supera 10 milioni di abitanti, dista circa 2,500 km da Kolkata. In entrambi i casi, gli attuali missili a medio raggio con una gittata di 2,000-3,000 km (Agni-II e Agni-III) lanciati dal nord-est indiano sarebbero sufficienti a coprire tale distanza.

Coloro i quali giudicano l’Agni-V come “rivoluzionario” sostengono che i missili a medio raggio dispiegati nell’India nord-orientale sarebbero “vulnerabili” di fronte a un primo colpo e che il nuovo missile costituisce una seconda possibilità di attacco. Ma tutto ciò non regge di fronte a un’evidenza: nessuno che contempli un primo colpo può essere certo di eliminare tutte le forze dell’avversario, soprattutto quando queste si basino su una modalità mobile. In breve, l’Agni-V non cambia la partita riguardante la deterrenza nei confronti della Cina.

La seconda (vincente) sfida concerne la politica strategica. L’Agni-V cambia le regole del gioco – sebbene non in maniera radicale – del triangolo strategico Stati Uniti-Cina-India. Questo è possibile poiché la maggior parte di ciò che va sotto il nome di “strategia” si riduce a una combinazione di percezione e interessi. Nonostante i rimproveri ammonitori in seguito ai test indiani del 1998, sia gli Stati Uniti che la Cina conciliarono la loro posizione con l’India. Un punto di riferimento sono stati i cambiamenti nel diritto interno statunitense e nelle regole del cartello internazionale, il Gruppo dei Fornitori Nucleari (Nuclear Supplier Groups), affinché fosse consentito il commercio del nucleare civile con l’India. Le due modifiche riconobbero in pratica come un dato di fatto lo status delle armi nucleari indiane poiché gli accordi classificarono formalmente gli impianti nucleari indiani in civili e militari. E’ difficile immaginare che tutto ciò sarebbe successo senza che prima l’India avesse oltrepassato la soglia del primo test.

Il lancio dell’Agni-V ha già suscitato una simile reazione. Washington e Pechino, a differenza del 1998, hanno risposto moderatamente con mormorii orientati alla concordia. I commentatori statunitensi hanno accolto con favore il test come un “passo importante” per dissuadere la Cina e hanno rilevato il fatto che gli Stati Uniti sono “tranquilli di fronte al progresso indiano nei settori nucleare e missilistico”. La risposta cinese è stata multiforme, dall’invito di un portavoce del ministro degli esteri alla cooperazione tra due “potenze emergenti” alle affermazioni di un commentatore di Global Times in base alle quali l’energia nucleare della Cina è “più forte e maggiormente affidabile” e che “l’India non avrebbe possibilità di successo in una corsa generale agli armamenti con la Cina”. In entrambi i casi, il profilo strategico dell’India è stato rafforzato e, bene o male, giocherà un ruolo più significativo nella politica strategica globale.

Per quanto riguarda l’ultima partita – la strategia della sicurezza e della deterrenza – si tratta di una mossa perdente. L’India ha intrapreso il sentiero delle armi atomiche come una potenza nucleare riluttante. In seguito ai test del 1998, l’India annunciò che non avrebbe effettuato altri lanci di prova, optando per una posizione strategica di “arretramento” e non dispiegamento, rinnegando la corsa agli armamenti con i suoi rivali. Da allora si è aperto un divario tra una posizione tutt’ora minimalista e un programma d’ampliamento dell’arsenale. L’origine di questa lacuna è l’adozione acritica della strategia nucleare statunitense di base: nei primi anni della Guerra Fredda, la strategia nucleare statunitense si concentrava sul concetto di “assicurata capacità di secondo colpo”, il quale era orientato attorno alla capacità degli Stati Uniti di rispondere con un massiccio attacco di rappresaglia dopo aver assorbito un attacco sovietico a sorpresa. Ciò si è tradotto nella costruzione di un arsenale caratterizzato da variegate capacità, alta precisione e tempi brevi di risposta ruotante attorno a un sistema di armi nucleari basato sulla “triade” terra, aria e mare.

L’India oggi sta facendo esattamente quello che fecero gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica durante la Guerra Fredda: consumare preziose risorse verso una continua espansione di capacità che non aggiungono sicurezza. Ciò che scoraggia un potenziale primo attaccante è lo sconosciuto (e inconoscibile) rischio di rappresaglia nucleare – non la certezza di una massiccia rappresaglia. Ne consegue che l’Agni-V, il tanto atteso missile balistico lanciato da sottomarini e i pianificati missili a testata multipla sono già ridondanti. La fondamentale ragione per cui l’India s’impegna in una partita persa è di tipo intellettuale: i politici non sembrano conosere che cosa significhi “deterrenza minima”.

(Traduzione dall’inglese di Francesco Brunello Zanitti)


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