Documenti resi pubblici dalla “talpa” Edward Snowden rivelano l’obiettivo dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale statunitense di costruire un supercomputer in grado di penetrare e decodificare qualunque messaggio cifrato. Lo scetticismo della comunità scientifica.
di Giulia BonelliUn supercomputer della National Security Agency. Crediti: NSA
A sette mesi dal datagate, lo scandalo sulle operazioni di controllo di massa della National Security Agency (NSA) denunciate dal giovane informatico Edward Snowden, emerge un nuovo tassello del complesso programma di sicurezza dell’agenzia statunitense. Si tratta di un supercomputer che sarebbe in grado di penetrare i sistemi di sicurezza elettronici utilizzati per tutelare qualunque tipo di dati, da quelli medici e bancari a quelli aziendali e governativi.
Lo ha riportato ieri il Washington Post citando alcuni documenti resi noti dallo stesso Snowden, “talpa” della NSA oggi indagato per furto di dati e comunicazione non autorizzata di informazioni segrete della difesa nazionale. Il progetto rientrerebbe in un programma da quasi 80 milioni di dollari il cui nome parla da sé: “Penetrating hard targets”. Quali siano questi bersagli “difficili” non è chiaro, così come ignoti sono i metodi di ricerca dei fisici della NSA. Ciò che si sa è avvolto da un alone di mistero: i documenti di Snowden indicano che l’agenzia americana svolge i suoi esperimenti a College Park, Maryland, in stanze iperprotette conosciute come “gabbie di Faraday”, disegnate per impedire la dispersione di energia elettromagnetica. L’unica descrizione di questi ambienti isolati è che “permettono lo svolgimento di delicati esperimenti di elaborazione quantistica”.
Per questo la notizia è stata accolta dagli esperti con un certo scetticismo. L’ipotesi che gli esperimenti della NSA fossero più avanzati rispetto a quelli dei laboratori non militari era già stata avanzata tempo fa, ma per ora i dati non sembrano trovare conferma. “È improbabile che la NSA sia avanti rispetto al mondo senza che nessuno lo sappia”, ha commentato Scott Aaronson, professore di ingegneria elettrica e informatica al MIT.
Tra le varie applicazioni della fisica quantistica, lo sviluppo di computer quantici è forse l’obiettivo più ambito. Il principio di base è quello della sovrapposizione quantica, ovvero l’idea che un oggetto possa esistere in più stati allo stesso tempo. Un computer classico utilizza il sistema binario, basato sull’alternanza degli stati zero e uno. Al contrario, un computer quantico è basato sui bit quantici, o qubits, che usano gli stessi stati del sistema binario, ma contemporaneamente.
L’apparente contraddizione è parte del mistero stesso della fisica quantistica, che come sosteneva Richard Feynman, uno dei suoi padri fondatori, non potrà mai essere del tutto compreso. Basti quindi comprendere il suo enorme potenziale: mentre un computer classico, per quanto veloce, deve necessariamente svolgere i calcoli in modo lineare, un computer quantistico può evitare di svolgere tutti i calcoli “inutili” rispetto alla soluzione di un determinato problema. Questo gli consente di essere molto più veloce ed efficiente. E, cosa che ha fatto rizzare le orecchie a chi si occupa di sicurezza informatica, può teoricamente rompere i più forti codici di criptaggio in uso oggi.
In particolare, sarebbe in grado di decriptare gli algoritmi cosiddetti RSA, comunemente utilizzati dalle banche per cifrare le informazioni sulle transazioni finanziarie. Senza bisogno di password, un algoritmo RSA può rendere illeggibile un dato a chiunque non sia il diretto destinatario dell’informazione; per questo infrangerlo è praticamente impossibile per qualunque sistema binario. Ma non per un computer quantico: “saltando” tutti i passaggi superflui, potrebbe arrivare alla soluzione in tempi abbastanza brevi da infrangere il codice di criptaggio a 1.024-bit, quello comunemente utilizzato per le transazioni online.
Uno scenario che comunque secondo gli esperti non appartiene all’immediato futuro: a meno di svolte improvvise, sembra quindi che la NSA dovrà aspettare ancora un po’ prima di riuscire a costruire il suo supercomputer quantistico.
Fonte: Media INAF | Scritto da Giulia Bonelli