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Il mistero della Grande macchia rossa

Creato il 15 novembre 2013 da Media Inaf

Dopo diversi tentativi e teorie non esaustive, un gruppo di ricercatori prova di nuovo a dare una risposta al perché la tempesta più famosa di Giove duri ormai da centinaia e centinaia di anni. I due studiosi hanno sviluppato un nuovo modello, che verrà presentato verso la fine di novembre: sembra che il vortice si rigeneri continuamente risucchiando energia dall'esterno.

di Eleonora Ferroni 15/11/2013 14:06 In questa immagine scattata nel 2000 dalla sonda Cassini della NASA si vede chiaramente la Grande Macchia Rossa di Giove. Crediti: NASA/JPL/Space Science Institute

In questa immagine scattata nel 2000 dalla sonda Cassini della NASA si vede chiaramente la Grande Macchia Rossa di Giove. Crediti: NASA/JPL/Space Science Institute

Uno dei misteri più affascinanti del pianeta Giove è la sua Grande macchia rossa, la grande tempesta anticiclonica (abbastanza potente da inglobare la Terra e altri due pianeti simili) che durerebbe da centinaia di anni. Ciò che si domandano i ricercatori è proprio perché la tempesta è ancora in atto, dato che avrebbe dovuto placarsi alcuni decenni dopo il suo inizio.

Pdram Hassanzadeh, un ricercatore di Harvard, e Philip Marcus, un professore della Berkeley, California, avrebbero sviluppato un modello per spiegare il mistero che da anni interroga la comunità scientifica, e lo presenteranno all’American Physical Society’s Division of Fluid Dynamics il prossimo 25 novembre.

Molti processi creano vortici come la Macchia Rossa. Hassanzadeh ha spiegato che le turbolenze e le onde limitrofe alla Grande macchia rossa fiaccano l’energia dei suoi venti. Il vortice perde molta energia anche dal calore radiante e, se non bastasse, la Macchia Rossa si trova tra due forti correnti a getto che scorrono in direzioni opposte. Tutto questo non l’ha fermata nel corso dei secoli, anzi. Alcuni ricercatori credono che sono proprio questi piccoli vortici ad alimentare la grande tempesta. “Alcuni modelli computerizzati hanno dimostrato che i grandi vortici sopravvivono più a lungo se sono circondati da altri di più piccole dimensioni, anche se questo non accade così spesso da poterne trarre una teoria”, ha spiegato Marcus.

I due ricercatori, allora, hanno sviluppato un nuovo modello per provare, sperano, la loro teoria una volta per tutte. I due esperti sostengono che è diverso dagli altri perché è a 3 dimensioni e ad altissima risoluzione e questo cambierebbe le carte in gioco. Molti modelli si concentrano solo sui venti orizzontali del vortice, dove risiede la maggior parte dell’energia. I vortici, però, hanno anche dei flussi verticali, ma questi hanno molta meno energia e, in passato, sono stati ignorati proprio per questo motivo. Eppure il movimento verticale si rivela la chiave per la persistenza della Grande macchia rossa. Mentre il vortice perde energia, il flusso verticale trasporta gas caldi dall’alto e gas più freddi dal basso verso il centro, ripristinando parte della sua energia perduta. È come una batteria che si rigenera. Il modello prevede anche un flusso radiale, che risucchia venti dalle correnti esterne ad alta velocità verso il centro del vortice: questo porta moltissima energia nuova nel vortice che gli consente di durare più a lungo.

Questo modello potrebbe anche essere utilizzato sulla Terra per studiare e spiegare alcuni vortici che si formano nei nostri oceani, come quelli nei pressi dello Stretto di Gibilterra, che spesso durano anni e anni. E non solo. I vortici posso anche influenzare (nello spazio) la formazione di stelle e pianeti aggregando materiale stellare e gas.

Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni



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