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Il mito del “lettore forte”: una definizione quantitativa fraintesa per qualitativa

Creato il 19 marzo 2012 da Autodafe

di Cristiano Abbadessa

Ci si imbatte spesso e volentieri in commenti e considerazioni che, rifacendosi a qualche statistica o indagine demoscopica, misurano la scarsa propensione italica alla lettura citando il basso numero di lettori forti. Questa definizione, con qualche leggero scostamento a seconda degli istituti di ricerca, dovrebbe comprendere coloro che leggono almeno tra i dieci e i dodici libri all’anno, ovvero all’incirca uno al mese. Qualche difficoltà comincia a nascere quando le indagini tentano di tracciare un profilo del lettore forte, definendo per valori medi o prevalenti (che peraltro sono metodi statistici ben diversi tra loro) genere, età, livello di istruzione, collocazione geografica. Dove, però, il discorso si ingarbuglia per davvero è quando si tenta, sulla base di un presunto profilo, di individuare nel lettore forte il consumatore in grado di condizionare il mercato delle vendite e di decretare il successo di un titolo o l’apprezzamento per un editore.
Ne consegue spesso un equivoco, che diventa ben visibile quando si procede alla lettura dei blog letterari. Nei quali si incontra un popolo che è certamente formato da lettori forti, ma che di questo universo costituisce solo una fetta; e che, invece, tende spesso a considerarsi rappresentativo in toto della categoria. Il lettore forte di questo tipo è infatti un buon conoscitore di letteratura ed è animato da viva curiosità: ha dimestichezza con i classici (che talora riprende in mano), non disdegna la scoperta di nuovi autori e piccoli editori e, naturalmente, non può esimersi dalla puntuale lettura delle novità del momento, quelle di cui si parla in ambiente letterario e che “fanno tendenza” (qui ci sarebbe poi da discutere sui criteri della “tendenza letteraria”, che esclude a priori i Volo e i Faletti ma dedica ampio spazio ai noir scandinavi, omettendo di considerare che gli uni e gli altri stanno alla pari quanto ad essenza di operazione commerciale e vocazione modaiola). Questi lettori di buona cultura e grande passione spesso, per me a torto, tendono a identificarsi con coloro che fanno mercato, perché molto leggono e perché scelgono con ponderato discernimento; sanno, certo, di non fare il mercato dei grandissimi numeri, ma si considerano (e vengono considerati) il barometro di quel mercato intermedio in cui si decretano la sopravvivenza di chi riesce a vendere in termini di migliaia di copie e la morte di chi rimane nell’ordine delle centinaia.
È chiaro che però esistono altri lettori forti, divoratori di almeno una dozzina di libri all’anno che obbediscono ad altre logiche nella scelta dei titoli. Ci sono per esempio i monotematici, che, anche nella narrativa, si orientano su generi “leggeri” (penso agli Harmony, o a tanta letteratura gialla di qualità discutibile) oppure scoprono un unico autore o un filone letterario (anche di pregio e prestigio) e a quello si dedicano fino ad aver consumato tutto quanto è stato pubblicato nella storia. E vi sono i lettori “low cost”, questi sì onnivori, ma decisi ad acquistare solo titoli a basso prezzo; una categoria da sempre esistente, ma resa più evidente e riconoscibile dal mercato degli ebook, dove la traciabilità dell’acquisto permette di ricostruire i volti di un insieme di lettori che comprano solo ciò che costa poco o che è in offerta speciale, di qualunque cosa si tratti.
Non va poi dimenticato che una buona fetta del mercato editoriale è costituita da libri acquistati non per sé ma per regalo (perché il libro è un regalo personalizzato e a costi accessibili, uno dei più gradevoli e teoricamente facili da fare). Ma qui, per pradosso, i gusti del lettore colto e sperimentale finiscono per pesare meno di quelli del lettore abitudinario e di genere. Perché spesso chi fa il regalo sa solo che Tizio “ama leggere”, ma, se non è a sua volta un lettore appassionato, rischia di non sapere bene cosa regalare: e al lettore colto e di larghe vedute può capitare di ricevere in regalo libri che mai avrebbe acquistato (magari il tanto disprezzato besteseller del momento), mentre è molto più facile azzeccare l’omaggio quando si sa che Caio “ama i gialli” e Sempronia la letteratura “rosa”.
Bisogna dunque tenere sempre presente che la definizione “lettore forte” si riferisce soltanto a una dimensione quantitativa, che non va confusa con quella qualitativa. Non stiamo perciò parlando di lettori “consapevoli” o dallo spiccato senso critico o dalla vasta cultura letterari. Stiamo solo parlando di persone che amano leggere molto. Cosa leggano, poi, è altra questione. Ma è, per un editore, questione assolutamente decisiva.


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