Avete un problema.
Uno qualsiasi: lavoro, famiglia, attriti col partner, con un amico, col meccanico con l’idraulico. Ne potete parlare con chiunque: là fuori è pieno di gente pronta a regalarvi dei consigli più o meno disinteressati, o a offrirvi una spalla su cui piangere. Alla fin fine il detto nazionale potrebbe essere l’arcinoto “Mal comune mezzo gaudio”.
Una bella filosofia di vita da perdenti. Eh, sì, questo è uno di quei post in cui mi lamento.
Ora: al posto di un problema avete un successo di cui gioire. Avete vinto 30 euro al Gratta e Vinci, avete pubblicato una foto su Facebook che è stata condivisa 100 volte, avete messo online il vostro primo ebook. O, ancora, avete perso dieci kg con una dieta equilibrata, vi hanno preso per il casting di un musical a teatro, il vostro idolo ha risposto a un tweet che gli avete mandato. Le possibilità sono virtualmente infinite.
Provate a parlare in giro, anche con amici e parenti. In pochi condivideranno il vostro entusiasmo. Molti vi consiglieranno di “tenere i piedi per terra”. Qualcuno vi dirà che date troppo peso a queste sciocchezze. Altri ancora vi esorteranno a non montarvi la testa.
Trattasi del modello di vita del perdente.
Ne abbiamo parlato altre volte.
L’entusiasmo altrui irrita il prossimo e lo destabilizza.
Vedere un amico che raggiunge degli obiettivi amplifica il grigiore di chi non muove mai un dito per cambiare la propria vita. Al che si cerca di demotivarlo (“per il suo bene”, ovviamente). Il modo più subdolo per farlo è insinuare il dubbio, avanzando una serie di obiezioni apparentemente basate sul buon senso.
Pensa alle cose importanti.
Stai coi piedi per terra.
Attento alle persone che ti aiutano a fare questa cosa.
Non fidarti degli sconosciuti.
Poi ti vengono le fisse e perdi di vista il resto.
Che poi, volendo ben guardare, è lo stesso motivo per cui, ogni volta che qui su Plutonia segnalo un libro motivazionale, arriva il Puffo Quattrocchi di turno a commentare “Guarda che qui queste cose non funzionano, gne gne gne“.
No, è vero: non funzionano perché non vogliamo che funzionino. Meglio continuare a lamentarsi dello strato di melma in cui siamo sommersi e non tentare mai di uscirne.
Così si spiega perché altrove le storie del tipo “sfrutto la crisi per inventarmi un lavoro su misura” sono vere e accadono puntualmente, mentre qui no.
Ma, come dicevo, il modello di vita del perdente si adatta a molti contesti, non necessariamente a quello professionale.
Ma è comunque possibile sfidarlo, e magari sconfiggerlo.
In Italia i piccoli successi altrui amplificano gli insuccessi di chi nemmeno ci prova.
Altrove sono invece da stimolo e da esempio.
Qui sta tutta la differenza.
Anche se, lo so bene, non è che oltre i confini del nostro paese ci siano soltanto paradisi terrestri, anzi. C’è molta competitività, e pochi sanno reggerla fino in fondo. Però almeno c’è entusiasmo, ci sono chance per tutti (o quasi). Qui le chance occorre crearsele, ed è questo che v’invito a fare, se lo volete.
L’unica cosa giusta da fare è proseguire imperterriti per la vostra strada.
Avete un progetto? Provate a realizzarlo anche se i vostri amici o i vostri parenti vi dicono che è impossibile, che perdete solo tempo, che vi state montando la testa.
Tirate dritto e guardate avanti. Tanto se troverete un muro contro cui sbattere vi fermerete comunque, con o senza lo sgambetto dei vostri carissimi amici demotivanti. Nel mentre però vale la pena provarci. Se ci si muove magari si arriva da qualche parte, se stiamo fermi per paura di cadere, l’unica certezza sarà sempre e soltanto quella di rimanere ancorati a un presente che probabilmente non ci piace.
Le soddisfazioni, professionali e non, arrivano solo se si è debitamente cocciuti, convinti e preparati.
Tutto il resto è fuffa.
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(A.G. – Follow me on Twitter)
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