Magazine Politica Internazionale

Il monastero di Gandan ed il buddhismo mongolo

Creato il 26 ottobre 2015 da Pietro Acquistapace
copimon

Un’immagine dal monastero Gandantegchenling – Ulan Bator

Normalmente chi si reca in Mongolia per turismo lo fa attirato dai suoi immensi spazi, dalla bellezza dei suoi paesaggi, dal blu del suo cielo e dal fascino delle popolazioni nomadi. Nella maggioranza dei casi la porta d’accesso alla Mongolia sarà la sua capitale, Ulaanbaatar (spesso chiamata col suo vecchio nome di Ulan Bator), l’unica vera città mongola che racchiude circa metà della popolazione del paese. Tra le varie attrazioni che qui si potranno trovare c’è il monastero buddhista di Gandantegchenling, o più semplicemente Gandan, un luogo ricco di storia e tra i più importanti dell’intera Mongolia.

Costruito inizialmente nel centro della città, nel 1838 il monastero venne trasferito sulla collina dove si trova attualmente crescendo immediatamente sino a diventare un luogo di grande importanza per l’insegnamento e la pratica del buddhismo, ospitando circa 5mila monaci. Tra i vari edifici vennero costruiti una bibilioteca ed una scuola di medicina ed astrologia. Ancora oggi sulle pendici della collina si possono vedere i monaci mentre fanno da indovini per i fedeli che vogliono sapere del loro futuro. Al momento il monastero di Gandan ospita circa 500 monaci della scuola Gelug (o Gelupa).

Gandan è anche un simbolo della Storia mongola più recente, essendo stato uno dei pochi monasteri a sfuggire le distruzioni da parte del regime comunista della Repubblica Popolare Mongola (1924 – 1992). Nel paese vennero chiusi circa 900 monasteri, mentre i monaci vennero uccisi, imprigionati oppure costretti a raggiungere le file dell’esercito. Le poche strutture religiose rimaste vennero trasformate in musei o alloggi per le truppe come nel caso di Gandan, albergo per soldati russi e stalla per i loro cavalli. Riaperto nel 1944, Gandan divenne  l’unico monastero attivo della Mongolia.

Il tipo di buddhismo praticato in Mongolia è di tipo tibetano, anch’esso profondamente legato alla Storia mongola. Il buddhismo arrivò nella regione in tempi antichi, così come era diffuso lungo tutta la Via della Seta, ma di importanza capitale fu il suo inserirsi in seguito nelle lotte di potere. Nel 1578 Altan Khan, un leader militare mongolo, strinse alleanza con il capo della setta tibetana dei Gelup, proclamandolo Dalai Lama (Lama oceanico) e ricevendo in cambio legittimità religiosa ed appoggio alle sue pretese imperiali. Da quel momento il buddhismo in Mongolia crebbe sempre più.

Nonostante la religione locale fosse d’influenza sciamanica, i monasteri buddhisti diventarono dei veri e propri centri di potere politico-amministrativo, soprattutto nei momenti di crisi come nel 1911 quando cadde la dinastia cinese dei Manchu. Questo permette di capire come i monaci fossero un serio problema per i comunisti mongoli che, costretti a furor di popolo a riaprire Gandan, lo tennero tuttavia sotto stretto controllo sino al 1990, quando vennero tolte le limitazioni alla pratica religiosa. Dopo la fine del regime comunista gran parte del monastero è iniziata un’importante opera di ricostruzione.

Tra i più importanti edifici di Gandan troviamo il Migjed Janraisig, che ospita una statua di Janraisig, come in mongolo viene chiamato il bodhisattva della compassione, alta oltre 26 metri. La statua venne costruita nel 1911, distrutta nel 1938 e ricostruita nel 1996 grazie alle offerte dei fedeli. Gandan è davvero uno dei simboli della Mongolia, così come lo stesso buddismo che ha storicamente permesso al paese di mantenere un rapporto anche con paesi non comunisti dando alla Mongolia una posizione internazionale particolare, visibile ancora oggi nella sua politica estera.

Ma le sorprese che rivela Gandan sono moltissime, non perdete l’occasione di scoprirle. Volate in Mongolia, magari con noi!


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog