Da cosa si capisce? Per prima cosa dalle ripetute interviste rilasciate a giornali e media nazionali dai "padri" dell'Euro, con le quali cercano di convincere l'opinione pubblica della bontà delle decisioni prese nel secolo trascorso, quando fu appunto deciso che l'Italia doveva entrare a far parte dell'unione monetaria europea, per partecipare al grande sforzo per il processo che avrebbe portato ad una nuova età dell'oro.
Che gli avvenimenti successivi, culminati nella crisi finanziaria ed economica che stiamo vivendo ormai da più di tre anni e della quale occorrerà veder trascorrere ancora molto tempo per vederne la fine. abbiano dimostrato di quanto fossero errate quelle decisioni ai nostri "padri" non sembra interessare, preferendo invece richiamare tutti alla "fede" dell'europeismo a tutti i costi: l'europeismo voluto e progettato da banchieri, finanzieri e mercanti, naturalmente.
Non pare scalfire l'ottuso perseguimento del loro scopo neanche la rivelazione del Wall Street Journal che l'Italia è entrata nel sistema monetario europeo solo grazie a dei trucchi contabili, esattamente come la Grecia.
Un segreto di Pulcinella, quello rivelato dal giornale americano, perchè tutti sapevano che la creazione della moneta unica rispondeva solo a esigenze e volontà politiche, mentre non ne sussistevano di economiche e che una moneta europea senza l'Italia, terza potenza economica continentale, sarebbe stata una ben misera cosa, anche tenuto conto del rifiuto a farne parte della Gran Bretagna.
L'Euro nacque quindi sulla menzogna, ma si sa che le bugie hanno le gambe corte e prima o poi vengono raggiunte dalla Verità.
Verità che mostra oggi impietosamente tutti i limiti delle politiche comunitarie dei decenni trascorsi, ma che si scontra ancora contro le strutture e i centri di poteri che l'Euro hanno voluto e creato.
A questo punto non è certamente un caso il ritorno nel dibattito pubblico del professor Romano Prodi, la cui carriera illustra da sola molto chiaramente la natura del suo impegno politico e gli obiettivi che esso persegue.
Non bastavano però le interviste sui giornali, per raggiungere lo scopo di un rilancio d'immagine del vecchio boiardo di Stato. Ecco quindi la trasmissione televisiva, che in onda su La 7 per tre settimane, ripropone l'immagine di Romano Prodi economista (che poi uno si domanda come mai si sfotte tanto Tremonti che è laureato in legge, chiamandolo commercialista quando invece è un tributarista, e si accetta di definire economista Prodi, che è pure lui laureato in giurisprudenza?) dalla visione illuminata, in grado di capire i conflitti odierni e magari di risolverli, occupando qualche scranno, forse pure quello posto più in alto di tutti.
Bisogna pure ricordare che non è la prima volta che Prodi ha una trasmissione televisiva tutta sua, nella quale spiegare agli ignari cittadini come vanno le cose nel mondo della finanza e dell'impresa. Già la sua prima discesa in campo politico fu preceduta da lezioni d'economia impartite all'ora su Rai e, bisogna dire pure, che da allora poco è cambiato, anche nella struttura stessa del programma che era e rimane di una noia mortale.
Anche "Il Mondo Che Verrà" è infatti una sequela di banalità, un monologo ben preparato di giustificazioni a quanto il professor Prodi ha fatto nel passato e un accenno fumoso alle cose belle che potrebbe fare in futuro, se solo avesse il potere di farle, intervallate dalle domande già preparate allo scopo di un paio di studenti seduti al tavolo e le imbeccate della conduttrice.
Sui contenuti della lezione da Grasso neanche un accenno, tranne la semplice proposizione della scaletta dgli argomenti toccati.
A modo suo anche la "critica" di Grasso è un segnale forte e al tempo stesso sconcertante: il mondo nuovo rischia di essere come il vecchio e forse pure peggio.