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Il mondo delle formiche 2 – L’eusocialità

Creato il 02 febbraio 2016 da Aeon

Questo è il secondo articolo della serie dedicata al mondo delle formiche, il primo lo potete trovare qui.

Esistono oltre 12.000 specie classificate di formiche e il numero continua ad aumentare. Ognuna di essere può essere molto diversa dalle altre per etologia e morfologia, ma sono tutte accomunate da una cosa: sono insetti sociali e vivono in colonie.

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Più precisamente sono insetti eusociali, cioè vivono in società che hanno tre caratteristiche ben precise: sovrapposizione di generazioni (ossia la convivenza nello stesso nido di più generazioni), cure coopertative della prole (cioè larve e uova vengono accudite da operaie specializzate e non soltanto dalla madre che anzi, di solito non le cura affatto) e la suddivisione in caste (dove ogni casta ha una funzione ben precisa).

Esistono due tipi di caste:

  • morfologico, che caratterizza l’aspetto e la struttura della formica che in base a essa svolge per tutta la vita una funzione ben precisa (operaie, soldati, riproduttori);
  • temporale, cioè la funzione di un individuo cambia in base alla sua età, per esempio le larve sono accudite da operie da poco metamorfosate in quanto il loro esoscheletro è ancora troppo molle per poter rischiare di uscire dal nido in cerca di cibo.

I due tipi di caste si sovrappongono tra loro dando alle colonie una struttura molto complessa.

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Esempi di caste morfologiche in Pheidole pallidula: quello grande al centro è un soldato, le altre sono operaie. Sotto di loro larve e pupe a vari stadi di maturazione.

Sebbene ci possano essere anche delle vistose eccezioni, la struttura tipica di una colonia di formiche comprende la presenza di:

  • una femmina fecondata, detta “regina”, che si riproduce deponendo le uova (ci sono specie poliginiche, che hanno più di una regina nello stesso nido);
  • una covata formata da uova, larve e pupe;
  • un numero variabile di femmine sterili che costituiscono la forza lavoro della colonia, spesso divisa in sotto-caste (operaie e soldati, chiamati più correttamente operaie minori e operaie maggiori);
  • un certo numero di “sessuati” (maschi e femmine fertili) presenti solo in determinati periodi dell’anno.

Le caste diventano ancora più sorprendenti se si considera il fatto che tutte le formiche della colonia (a parte regina e maschi) sono femmine sorelle tra loro. Questo significa che operaie, soldati e regine fertili hanno tutte gli stessi geni nonostante le evidenti differenze morfologiche ed etologiche tra di loro. Per i maschi il discorso è differente, perché loro hanno solo la metà del patrimonio genetico: gli Imenotteri (l’ordine cui appartengono api, vespe e formiche) sono aplodiploidi, cioè solo le femmine hanno un assetto completo di cromosomi (sono diploidi, hanno una copia paterna e materna per ogni cromosoma) mentre i maschi sono aploidi (hanno la sola copia materna di tutti i cromosomi). Questo vuol dire che le formiche femmine sono maggiormente imparentate con le sorelle piuttosto che coi fratelli e questo fatto è uno dei motivi alla base dell’eusocialità: dato che le operie sono fondamentalmente delle femmine sterili, l’unico modo che hanno per trasmettere i propri geni è allevare con successo le loro sorelle fertili.

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Regina alata del genere Atta

Ma come fanno delle larve con gli stessi geni a evolversi in differenti tipologie di adulti? La forma di adulto in cui una larva si evolve dipende dal tipo alimentazione che riceve e dai feromoni presenti nell’aria della colonia, che sono prodotti da altre caste e servono a bilanciare il numero di appartenenti alle caste diverse da soldati e riproduttori. Questo perché un numero eccessivo di soldati, per esempio, consumerebbe preziose risorse. Anche un elevato numero di sessuati sarebbe uno spreco, perché questi individui non cercano cibo e non lavorano, mangiano e basta. Però essi sono un investimento per continuare la specie. In determinati periodi dell’anno, infatti, le colonie di una stessa specie rilasciano all’esterno maschi e regine vergini entrambi alati, questo evento è chiamato “sciamatura”.

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Regine e maschi del genere Messor all’inizio della sciamatura

Femmine e maschi di colonie differenti si accoppiano in volo, spesso più di un maschio per ogni femmina, nel cosiddetto “volo nuziale”. Poi le femmine cercano un luogo adatto alla fondazione di una nuova colonia e si staccano le ali, quello nuziale è l’unico volo di tutta la loro vita. Anche l’accoppiamento è unico: le femmine possono tenere una scorta di spermatozoi nelle proprie spermateche per molti anni, coi quali fecondare migliaia o anche milioni di uova.

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Una regina che si è appena staccata le ali.

La regina scava la prima camera del nido e ci si chiude dentro, poi depone le prime uova e accudisce le larve che ne escono fino alla loro metamorfosi in operaie, le quali iniziano a cercare cibo e ad ampliare il nido. Da questo momento l’unica funzione della regina è solo quella di deporre uova, ci penseranno le figlie a nutrirla e a occuparsi delle nuove nate. Finché le nuove operaie non si sviluppano pienamente la regina non mangia, si mantiene riclando i muscoli delle proprie ali che ormai sono inutili.

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Una colonia appena fondata di Pheidole pallidula. Quella grande è la regina, insieme ad alcune operaie e a qualche pupa.

L’organizzazione delle colonie è tale da aver portato all’introduzione del concetto di superorganismo. La colonia ha la capacità di riprodursi (è la vera unità riproduttiva delle formiche, diversamente dai singoli individui) e di autoregolarsi con meccanismi di omeostasi, che mantengono costanti le condizioni ambientali interne al nido come temperatura e umidità. In pratica è come se l’intera fosse un un unico grande organismo composto da organismi più piccoli, cioè le formiche della colonia. Anche i superorganismi subiscono senescenza, infatti più la regina invecchia e più esaurisce la sua scorta di spermatozoi e quindi aumenta il numero di maschi prodotti dalla colonia. La morte per vecchiaia della regina, nonostante siano insetti molto longevi (il record appartiene a una regina di Lasius niger vissuta in cattività per 29 anni), impedisce il rinnovo delle operaie il cui numero declina fino alla completa estinzione della colonia. Curiosamente le operaie potrebbero allevare una nuova regina a partire da una delle ultime uova femminili rimaste, ma questo non avviene mai: alla morte della regina la colonia si estingue nel giro di qualche settimana per la normale senescenza delle operaie.

Affinché possa funzionare, un’organizzazione così complessa ha bisogno di un sistema di comunicazione adatto a coordinare le varie parti, nel nostro caso le caste e i singoli esemplari che formano ogni colonia. Le formiche possono comunicare tra loro in tre modi.

Il primo è il contatto fisico: una formica può veicolare un messaggio a un’altra semplicemente toccandola. Un buon esempio è la trofallassi, cioè il passaggio di cibo liquido da una formica a un’altra in seguito alla rischiesta di quella che riceve il trasferimento.

Un secondo metodo è quello acustico, attraverso l’organo stridulatore che alcune specie di formica possiedono sul peziolo (la parte sottile tra il torace e l’addome, quest’ultimo chiamato più propriamente gastro). I suoi emessi dalle formiche sono molto seboli e difficili da udire, tuttavia loro non hanno bisogno di ascoltarli dato che sono sorde: i suoni emessi dall’organo stridulatore si trasmettono nel terreno come vibrazioni che le altre formiche attraverso le zampe. Comunemente questi messaggi sono richieste di soccorso, inviate per esempio da una formica che è rismasta sepolta in una galleria crollata.

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L’organo stridulatore di una formica. In alto l’ingrandimento del peziolo, in basso il dettaglio dell’organo.

Il terzo metodo di comunicazione, nonché il più importante, è quello chimico. Ogni formica possiede svariate ghiandole poste in varie parti del corpo, che producono sostanze che possono essere usate come messaggeri chimici per inviare segnali di ogni tipo. Quest’ultimo è infatti il metodo più importante.

Il mondo delle formiche 2 – L’eusocialità

Crematogaster scutellaris in una tipica fila.

Il caso più classico di comunicazione chimica l’abbiamo visto tutti, sto parlando della fila. Quando una formica operaia trova una fonte di cibo, torna al nido lasciando una scia di feromone che le altre operaie seguono per trovare il cibo.

Un altro esempio sono i feromoni d’allarme. Prodotti da ghiandole di solito addominali, servono a informare le altre formiche di una situazione di pericolo. Ogni esemplare che riceve il segnale emette altro feromone finché non si scatena una reazione contro la minaccia, che di solito consiste nell’attacco da parte delle operaie e dei soldati se presenti in quella specie. Il rilascio di queste sostanze avviene anche se la formica viene uccisa, ecco perché capita di scatenare una reazione di difesa in un formicaio dopo averne schiacciato una o più operaie.

Altro caso molto importante è quello rappresentato dagli idrocarburi epicuticolari, cioè delle sostanze presenti sulla superficie dell’esoscheletro di ogni formica che costituisce l’odore identificativo di ogni singola colonia. Le formiche sono estremamente territoriali, infatti un esemplare di un’altra colonia che si avventuri nel territorio di un’altra viene localizzato e ucciso in poco tempo, anche se della stessa specie. Quello delle formiche è un mondo violento.

Sebbene sofisticato, il sistema di comunicazione non è perfetto e può essere ingannato. Questo avviene all’interno di una serie di comportamenti chiamanti nel complesso parassitismo sociale, che vedremo nei prossimi articoli.

Per questa volta è tutto, mi sono dilungato anche troppo.



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