Francamente, detto tra noi, c’è anche da preoccuparsi. Come fa un industriale, per quanto sia padrone del giornale La Provincia, e quindi a casa sua abbia sempre ragione (strano anche questo: un quotidiano dove non si può discutere a fin di bene, che so facendo un brain storming, un confronto parlando in italiano, qualche proposta fra colleghi! Invece no: ci sono già le Lettere del ricchissimo Arvedi ai Cremonesi e non se ne parla più), dunque come fa un industriale a sapere che i suoi dipendenti hanno bisogno di un check-up cardiologico? O comunque che vale la pena di offrirlo loro, gratis, ci mancherebbe! Viene anche il dubbiuzzo che la prestazione sanitaria possa essere non appropriata, come dice la Regione Lombardia governata dal cattolicissimo Formigoni. Bisognerà ragionarne al Pirellone. Gli industriali fanno bene o no a offrire check-up cardiologici? Il dono vale anche per gli anni venturi e i dipendenti del gruppo Arvedi sono circa 2.500, tutti invitati nella stessa clinica cremonese. Non sarà un problema per quei cardiologi? Bisognerà organizzare i turni di lavoro.
E se ci vanno veramente tutti? C’è da restare perplessi, non sul gesto dell’industriale che regala, dona, non si sa mai che proprio i suoi dipendenti abbiano una malformazione cardiologica (incrociando le dita). E se avessero altri latenti problemi di salute? Qualcuno forse fuma. Qualcun altro forse fa un lavoro usurante. Altri senz’altro sono orgogliosi del loro lavoro in tuta blu. Massimo rispetto per loro. E ripetiamo che di industria c’è necessità, eventualmente più pulita possibile. E che una riunioncina dell’Osservatorio Arvedi, cioè un check-up all’acciaieria, così, fra vecchi buoni amici che si fanno domande e chiedono dati, in Comune non sarebbe affatto male.
Prendiamo atto del gesto di bontà ma viene una strana sensazione leggendo sul giornale degli agricoltori e di Arvedi frasi come queste, a pagina 13 del 30 settembre: “Arvedi ha fatto con i suoi lavoratori ciò che normalmente si fa con i propri familiari, i parenti stretti e gli amici intimi. In un momento storico caratterizzato dalla caduta di valori fondamentali come la umana solidarietà e l’aiuto al prossimo, un’iniziativa come questa appare unica”.
Unica! Vogliamo parlare di ciò che fa la Caritas cremonese? La San Vincenzo? Il Banco Farmaceutico? I frati cappuccini? Raccontiamo che i volontari che senza essere industriali aiutano gratis i terremotati emiliani e mantovani ci sono, persone che nessuno ha chiamato, volontari che non fanno parte di associazioni ma si muovono lo stesso con tutto l’impegno che possono offrire, pur lavorando? Però il gesto dell’imprenditore è circondato da un’aura particolare, non è rivolto a tutti (quelli sono i gesti di bontà) ma guarda caso ai suoi dipendenti. Una catena di bontà. L’operaio va conquistato, legato, come faceva il vecchio Olivetti: stretta di mano all’ingresso in fabbrica a ogni operaio. Tenerseli buoni per evitare problemi.
Ciò che poi fa Arvedi, evidentemente, ha l’effetto delle acque del Lete per La Provincia: fa perdere la memoria sulle attività solidali di Cremona.
Sì, è vero che il centrodestra, l’Europa liberista, i repubblicani americani, tanto per fare qualche bell’esempio, fanno di tutto per sbarazzarsi dello stato sociale, ma l’umana solidarietà non si può abolire per compiacere le Borse e la Confindustria cui è iscritto Arvedi col suo presidente Squinzi e ahimé tanti evasori fiscali (non certo Arvedi, ehi!).
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