Sarò cinico, ironico, spietato, stronzo e anche fomentatore in quello che state per leggere, perché sono rimasto sveglio per vedermi l’ottantottesima notte degli Oscar e non mi è nemmeno servito il caffè per evitare di addormentarmi, ma le varie premiazioni sono state sufficienti per tenermi vigile e incazzato. Mai cerimonia fu più politicamente corretta di questa, con praticamente nessuna sorpresa. Che il mondo sia un luogo governato dalle ingiustizie è assodato, se così non fosse io sarei sposato con Olivia Wilde e Tarantino con “The Hateful Eight” avrebbe gareggiato in almeno quattro categorie, tra cui regia e sceneggiatura. A volte però la speranza si presenta ai nostri occhi nelle forme più strane, nella fattispecie nell’ultima notte degli Oscar questa aveva le fattezze di dieci nomination finite a “Mad Max Fury Road“, ma elenchiamole:
– Candidatura per miglior film
– Candidatura per miglior regista
– Candidatura per miglior montaggio
– Candidatura per miglior fotografia
– Candidatura per miglior sonoro
– Candidatura per miglior montaggio sonoro
– Candidatura per miglior scenografia
– Candidatura per migliori costumi
– Candidatura per miglior trucco e acconciatura
– Candidatura per migliori effetti speciali
Eccole le dieci candidature per lo più tecniche sono assolutamente meritate, stiamo parlando di “Mad Max Fury Road” uno spettacolo che ridefinisce la definizione di iperattivo, qualcosa che ha un impatto visivo e sonoro da non lasciare indifferenti, un nuovo punto zero con cui il genere dovrà decidere se confrontarsi o meno nel prossimo futuro. Ed infatti le sei vittorie tra cui quelle dedicate al montaggio e sound editing non stupiscono minimamente, stiamo parlando di due categorie che fanno impallidire chiunque fosse in gara quest’anno (era impossibile soprattutto il montaggio che finisse a qualsiasi altro titolo). Ma qui per la prima volta ci accorgiamo che il mondo è ingiusto, infatti se la statuetta di miglior film è andata a “Il caso Spootlight”, film che rientra ampiamente tra quelli che “hanno vinto e tutti lo dimenticano tra una settimana” (qualcuno ha parlato de “Il paziente inglese” o “Il discorso del Re”?), il premio alla miglior regia a Inarritù mi ha rimescolato la bile.
Nemmeno una statuetta quest’anno!Ora è il caso di approfondire l’argomento trattando “Revenant” partendo dalle candidature, eccole:
– Candidatura per Miglior regia
– Candidatura per Miglior attore protagonista
– Candidatura per Miglior fotografia
– Candidatura per il Miglior Film
– Candidatura per il Miglior attore non protagonista
– Candidatura per il Miglior montaggio
– Candidatura per la Miglior scenografia
– Candidatura per i Migliori costumi
– Candidatura per il Miglior trucco
– Candidatura per i Migliori effetti speciali
– Candidatura per il Miglior sonoro
– Candidatura per il Miglior montaggio sonoro
12 nomination ed anche in questo caso per lo più tecniche, ma il mondo è giusto e il film ne ha prese solamente tre (questo è anche un chiaro messaggio sull’effettiva qualità sopravvalutata della pellicola, stessa cosa accaduta qualche anno fa con “Il curioso caso di Benjamin Button”, altro esempio illustre).
Finalmente la vittoriaE se DiCaprio la vittoria la meritava a prescindere dal film con cui gareggiava (diciamo che Leonardo avanza almeno altre due statuette rubategli negli anni), Emmanuel Lubezki vince la terza statuetta di fila perché da “Gravity” in poi azzecca ogni scelta stilistica (su tutte quella di alternare normalità visiva a prodezze tecniche incredibili, roba da mascella a terra e lingua srotolata manco fosse un rotolone regina), per portarsi a casa premi su premi (anche se quest’anno la categoria vedeva nomi agguerritissimi e lavori da cardiopalma su tutti quello di John Seale per Mad Max ma ancor di più Deakins per “Sicario” e Richardson per “The hateful Eight“).
I mondi di LubezkyLa cosa che mi ha veramente fatto imbestialire è il secondo premio consecutivo a Inarritù, che dopo “Birdman” lo scorso anno (film sicuramente peggiore di “Revenant“), ruba la statuetta ai suoi colleghi. Si perché “Revenant” sarà anche un bel western avventuroso, ma prima di tutto la cosa che lo rende veramente degno di nota sono l’interpretazione di DiCaprio (che non era la prima scelta di Iñárritu) e la magia visiva creata da Lubezki. Poi parliamoci chiaro un regista invece di sparare cazzate tipo “Il mio film dovrebbe essere proiettato in un tempio“, dovrebbe stare più attento a “piccolezze” tipo l’aspetto del figlio del protagonista che sembra più vecchio di tutti i personaggi del film stesso. Ma a quanto pare Iñárritu riesce a fare presa sul pubblico e sui giurati dell’Academy portandosi a casa un’altra vittoria, lasciando a bocca asciutta colleghi che questa volta avrebbero meritato la vittoria al posto suo, su tutti Adam McKay che con “La grande scommessa” aveva veramente più di qualche motivo per vincere il premio (ma che ha comunque vinto la sceneggiatura non originale). Non venitemi a dire che dirigere “Revenant” era effettivamente difficile e la lavorazione è durata nove mesi, perché allora Miller e il suo “Mad Max Fury Road” avrebbero le stesse carte da giocare, con al posto del freddo le tempeste di sabbia del deserto australiano.
La grande scommessa miglior film? Non ci scommettereiMa siccome avrete compreso che a mio modesto parere non avrei premiato Iñárritu, devo dire che il vincitore per la categoria miglior film, nonostante io lo deva ancora vedere conferma lo spirito conservativo dell’Academy, in un anno in cui poteva veramente osare nel premiare qualcosa di nuovo, qualcosa di veramente fuori dai canoni standard e sarebbe stato uguale se avessero premiato uno qualsiasi degli altri film in gara. Alcuni perché ad ogni modo sono arrivati tra gli otto finalisti e sembra persino incredibile di vedere film simili (e mi riferisco a “Revenant”, “Mad Max” o “The Martian“), altri invece hanno dimostrato vedute molto più aperte di un tempo nei confronti della categoria (come ad esempio “Room”, “La Grande Scommessa” o “Brooklyn”). Gli unici film degli otto in concorso per la nomina a miglior film a cui non avrei dato la statuetta sono per l’appunto “Il Caso Spotlight” e “Il ponte delle spie”, soprattutto quest’ultimo autentico capolavoro di Spielberg è l’incarnazione del film classico confezionato con occhi di riguardo per vincere tale categoria del concorso.
Rigaurdo al maestro Ennio Morricone non voglio spendere parole inutili, in tutti questi anni una sola vittoria la dice molto lunga su quanto l’Academy sia sorda. Ma l’importatne è che almeno finalmente abbia vinto, oltre al premio alla carriera del 2007.
Meglio tardi che maiEcco quindi come possiamo non ammettere che il mondo è un posto triste quando anche la possibilità di stupire che è a portata di mano viene bellamente ignorata? Spiegatemelo.
Ad ogni modo eccovi la lista dei vincitori:
Miglior sceneggiatura originale: Il caso Spotlight Tom McCarthy e Josh Singer
Miglior sceneggiatura non originale: La grande scommessa Adam McKay e Charles Randolph
Miglior attrice non protagonista: Alicia Wikander The Danish Girl
Migliori Costumi: Mad Max Fury Road
Migliore scenografia: Mad Max Fury Road
Miglior Make-up: Mad Max Fury Road
Miglior Fotografia: The Revenant
Miglior Montaggio: Mad Max Fury Road
Miglior Sound Editing: Mad Max Fury Road
Miglior Sound Mixing: Mad Max Fury Road
Migliori Effetti Speciali: Ex Machina
Miglior Film d’animazione: Inside Out
Miglior attore non protagonista: Mark Rylance Il ponte delle spie
Miglior documentario: Amy di Asif Kapadia
Miglior Film straniero: Il figlio di Saul di Laszlo Nemes
Miglior colonna sonora: Ennio Morricone The Hateful Eight
Miglior canzone: Spectre Writing’s on the Wall
Miglior Regia: Alejandro G. Inarritu The Revenant
Miglior Attrice: Brie Larson Room
Miglior Attore: Leonadro Di Caprio The Revenant
Miglior Film: Spotlight di Tom McCarthy