Ore 17:00, italiano, compito in classe: breve riassunto del monologo, varie domande sul perché e il percome e infine la domandona: che ne penso io e i giovani ( ‘sti cazzo di giovani ) del suicidio e legami con il monologo. Due ore di tempo. In realtà quattro, ma io il giorno prima ero assente. Io ho pure letto un saggio sul suicidio, quello di Marzio Barbagli. E mi sono anche impegnato per tirare fuori qualcosa di sensato, pure nel breve tempo a disposizione, considerando che poi dovevo ricopiare in bella e rispondere alle altre domande. Considerando soprattutto che non so cosa pensano i giovani del suicidio e di Amleto, e neanche io in fondo. A un certo punto guardando i miei compagni mi è venuta la curiosità circa i loro pensieri. Chissà che avranno scritto. Io non ho resistito a tirare in ballo Ian Curtis e DFW, così alla cazzo di cane, un po’ per vedere se la prof mi chiederà chi sono ( magari li conosce ) e un po’ per vezzo, dopo un accenno a un amico che lavora in fabbrica e che un motivo per farla finita ce l’ha di fronte quasi tutti i giorni. Però in verità mi è piaciuto farlo, avere la sensazione di poter dire qualcosa di significativo con la campanella che incombe e la consapevolezza che no, non è in quelle mie poche righe, una ventina, che si cela un qualsiasi segreto. Se c’è una cosa che ho capito è mi affascina l’idea del suicidio, se un artista si è suicidato subito mi viene l’interesse per le sue opere. Molto comune immagino e molto banale. Quando ero più giovane ( dagli! ) e squinternato vivevo molto male, non so fino a che punto ne ero consapevole, ma certamente ripensandoci mi rendo conto di quanto tempo ho sprecato e di quanta vita ho fatto a meno ( non saprei come definire il fatto che una persona racconti i fatti propri sul web, una sorta di esondazione biografica, una estrema solitudine nonostante una vita sociale accettabile. Un po’ di tempo fa Elasti segnalò un blog di una giovane che raccontava il suo problema e a me pare una cosa incredibile, che supera l’interesse per Shakespeare ). Insomma, direi che questo monologo mi fa pensare a ciò che sta in mezzo, ovvero come vivere meglio. Come stiamo, dunque?
Infine il film, Alps, il secondo di Lanthimos che vedo, curiosamente l’altro film di lui che ho visto è stato il primo che ho recensito qua. Non so bene cosa dirne, l’altro ( Dogtooth ) mi pare migliore. Una farsa fredda e desolante, imbarazzante, a sprazzi ridicola. Partendo dalle parole del regista, è un film in cui delle persone cercano di sfuggire dalla propria vita per metterne in scena un’altra, impersonando persone defunte al servizio dei loro famigliari. Come Amleto non sa più se la sua follia sia recitata o vera ( almeno da quel che ho capito, o almeno da quello che c’è scritto sul libro di testo, dato che l’opera intera non la conosco ), così la protagonista non si accontenta di fingere.