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Il mondo nuovo de Il Teatro degli Orrori. E se fosse meglio quello vecchio?
Creato il 08 febbraio 2012 da Cannibal KidVa in scena un nuovo atto del Teatro degli orrori, con una sorta di concept album (e a me il termine concept album mette una certa paura) sul tema dell’immigrazione.Anche se veramente più che un nuovo atto va in scena un mondo nuovo. Il mondo nuovo. Sarà davvero così?
L’attacco paura è puro alternative di matrice so 90s e "Rivendica" il diritto di fare un disco rock nell’Italia di oggi. Cosa non così scontata. Soprattutto se si vuole pure parlare di storie di immigrati. Si citano Pier Paolo Pasolini, Slavoj Zizek e Asor Rosa e non è che qui ci stiamo addentrando su lidi troppo intellettualoidi? Può darsi, per fortuna i riferimenti acquistano un senso all’interno di un’opera complessa ed estremamente matura a livello di testi, quanto diretta e d’impatto a livello musicale. Almeno nei momenti più riusciti, come nel primo singolo "Io cerco te" che fa:
Roma Capitalesei ripugnantenon ti sopporto più
e mi stupisco che non sia ancora diventato un travisato inno leghista. Probabilmente perché nessun leghista ascolta Il Teatro degli Orrori, altrimenti gli esploderebbe la testa.
"Non vedo l’ora" nonostante un ritmo nervoso stile sigla di Misfits si fa un pochetto più melodica, ma non melodica alla musica leggera italiana (e tra poco, tremate tremate, arriva Sanremo!), più melodica alla non vedo l’ora che la musica leggera italiana sparisca dalla faccia della Terra. Quello sì che sarebbe un bel mondo nuovo.Non ho detto Terra Nova. Non menzionatemi nemmeno quella stronzata di Terra Nova.La successiva "Skopje" prende il titolo dalla capitale della Macedonia. Non lo sapevate? Ignoranti. Comunque nemmeno io lo sapevo, ho dovuto googlearla. E poi ho dovuto googleare anche Macedonia, che ero rimasto a quella con fragole, banane e pere. Sì, anche frutti di bosco, se è stagione e se non avete paura di uno squaraus.Certo che ascoltando il mondo nuovo del Teatro degli orrori sto imparando più cose che in 5 anni di università…
"Gli Stati Uniti d’Africa" è il pezzo più fico dell’album, con un suono che riporta dritto dalle parti del monumentale capolavoro dei Nine Inch Nails “The Fragile”.
"Cleveland-Baghdad" gioca su toni parecchio teatrali. Ao’, pensavate mica che si fossero chiamati Il Teatro degli Orrori mica per niente? Come dite, si sono chiamati così come omaggio ad Antonin Artaud? Ma dovete proprio fare sempre i sapientini? Da dov’è che arrivate, da Skopje?Anyways, sarebbe interessante vederlo messo in scena, un pezzo del genere, che dopo una prima parte non eccezionale si evolve tra atmosfere sognanti e un finale dirompente che prende il volo (non Fabio).In "Cuore d’oceano" compare a sorpresa - ma non troppo - Caparezza, che si inserisce in maniera naturale all’interno del suono degli orrori, come se fosse un'estensione delle corde vocali di Pierpaolo Capovilla e del suo stile molto recitato, mentre in "Martino" si cammina più sulla Linea (77).Quanto al resto, che dire? Eh, che dire? Piacevole la parentesi onirica di "Ion" (ma gli M83 sullo stesso terreno di recente han saputo fare di meglio), molto bella l’epicità di "Dimmi addio", il pezzo che preferisco dell’album, e l’attacco nirvaniano di "Doris", anche se la cosa più interessante in assoluto è forse la conclusiva "Vivere e morire a Treviso", un “parlato” su una base elettronica che spezza la monotonia dell’impianto rock tradizionale dei precedenti pezzi.
Interessanti, profondi e impegnati i testi, roba che ci si dovrebbe soffermare ad ascoltare e pure a leggere con attenzione. A livello musicale le corde toccate non sono però tantissime, stiamo dalle parti di un alternative rock che non apporta grosse modifiche o novità rispetto al periodo d’oro degli anni Novanta, ma che fa comunque piacere riscoprire rispolverato con energia e buoni argomenti dalla propria parte.Musicalmente mi sembra quindi un passo indietro rispetto al precedente "A sangue freddo", in cui splendevano quella gemma prodotta dai Bloody Beetroots "Direzioni diverse", pezzi di impatto devastante come "Due" e la title track, e quella preghiera bastarda del "Padre nostro". Perle pregiate di cui in questo mondo nuovo, per quanto complessivamente compatto e omogeneo, purtroppo si sente la mancanza.Un disco pesantuccio, lungo e con qualche passaggio a vuoto e qualche pezzo di troppo, eccessivamente enfatico e drammatico e quasi privo di quel senso dell’umorismo sbilenco e balordo che aveva contraddistino i loro lavori precedenti. E che fa capolino giusto in "Adrian", con quel "lievissima, purissima" e il grido finale alla Rocky: “Adrian!”.Un disco fatto di storie e di vite più che di canzoni, che richiede tempo per essere metabolizzato, e con cui Il Teatro degli Orrori ha messo in atto un atto affascinante. Però adesso definirlo un mondo nuovo mi sembra un tantino eccessivo.(voto 6,5/10)
Potete ascoltare l’album interamente in streaming sul canale YouTube de Il teatro degli orrori.
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