Il mondo su due ruote. GP Pagliochini
Da Motociclistidatavola
La bella stagione si sta affacciando adesso e, benché io sia un AWB, in questo periodo sto leggendo più di quanto stia guidando. Non che sia un male, specialmente quando ti imbatti in un libro come quello del giramondo Umbro.
Il libro mi è piaciuto. Nota a margine la prefazione di Passerini, una prefazione pensata e centrata, a differenza di molte altre.
Ma veniamo al libro.
Pagliochini scrive in modo semplice, diretto, senza avventurarsi in virtuosismi da scrittore. L'aspetto che rende il libro molto, molto piacevole è la sua "architettura".
Ci troviamo di fronte ad una serie di racconti e accadimenti di viaggio. Non lo definirei un libro di viaggi in moto quanto un libro di vicende di viaggi in moto. Pagliochini avrebbe potuto scrivere l'ennesima descrizione del deserto dal Sahara, ad esempio, confrontandosi con gente che, non me ne voglia, probabilmente è più scrittore di lui. Quindi evita, ci contestualizza il racconto dicendoci dove si svolge e poi ci presenta un episodio, una difficoltà, una curiosità, un aneddoto. All'inizio ho pensato "ma cazzo, spendi due righe per descrivermi dove sei, stai vedendo dei posti unici e non mi dici nulla". Poi mi son sentito scemo perché ho visto il progetto editoriale in tutta la completezza: per i panorami, i paesaggi, i luoghi ci sono delle foto stupende. Bellissimo, perché banalizzare un luogo a parole (non tutti sono nati per evocare usando la scrittura) se si può inserire un'immagine bellissima. Come soluzione mi è piaciuta. Per due motivi: sono un visivo e quindi mi nutro di immagini e queste sono belle immagini; la scrittura ne esce snella e non appesantita. Ripeto, Pagliochini scrive bene ma descrivere quello che ha visto rendendogli giustizia avrebbe voluto dire quadruplicare le pagine e confrontarsi con una sfida linguistica ben più complessa.
Invece questa soluzione gli permette di restare genuino e diretto nei racconti.
Insomma, tante righe per dire che il libro è piacevole, veloce, evocativo.
Poi ci sono alcune cose che ti fanno incazzare, tipo la tranquillità (o apparente tranquillità) con cui il nostro affronta le sfide più ardue. Il libro lo si divora, capitoli agili, salti di fusi orario ad ogni pagina, cambi di clima, di difficoltà, di esperienze.
Sembra di essere davanti ad una buona birra con Pagliochini che dice "ti ho raccontato quella volta in cui.." e subito ti ritrovi nel vivo di quello che è successo, senza introduzioni, senza preamboli. In alcuni casi accenna al fatto che il viaggio non l'ha fatto da solo ma quasi mai ci presenta il suo compagno di avventure, eccezion fatta per un nome di battesimo. In fin dei conti, fossimo al pub con lui, non avremmo bisogno di sapere con chi è andato, lo sapremmo.
Insomma, leggetelo, il libro ha la capacità di portarti lontano dal letto (io spesso leggo a letto) e di trascinarti un minuto nel caldo torrido, un attimo nel caldo più umido, poi freddo, ecc ecc.
Come già detto, la scrittura è piacevole, la grande capacità è quella di trascinare il lettore in un racconto in maniera diretta e sempre molto credibile. I contenuti sono da favola, Pagliochini è un vero viaggiatore, di quelli che pensa un viaggio unendo i puntini senza cercare per forza una strada asfaltata che li unisca. E' uno di quei viaggiatori per i quali l'abbandono del viaggio è un'opzione ma è l'ultima, quella da considerare solo dopo aver provato di tutto.
Il progetto letterario merita una nota a parte. Come detto, le fotografie (belle e mai banali) giocano un ruolo importante nella narrazione e ho apprezzato anche le schede che presentano i vari percorsi, anche questa "sintesi" ha un forte potere di contestualizzare il racconto. Insomma, il libro è pensato in maniera diversa, variegata e stimolante. Apprezzi anche il fatto che sia molto agile, che passi velocemente, che sia breve. Salvo poi dispiacertene quando arrivi in fondo.
Per avere il libro contattatelo via Facebook, poi vi spegnerà. A me è arrivato con dedica.
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