La montagna non è mai stata scalata da nessuno, poiché è considerata sacra dall' Induismo, in quanto ritenuta la residenza di Shiva, dal Bön, dal Buddhismo tibetano, come centro dell'universo, e dal Giainismo. Tibetani e indiani ritengono di dover compiere un pellegrinaggio presso il Kailash almeno una volta nella vita. Lungo i cinquantatré chilometri del versante tibetano, praticabili dalle quattro alle sette ore di cammino, vi sono molte rocce dipinte e bandiere di preghiera, concentrate particolarmente sul Passo di Dolma, e si trovano quattro monasteri buddhisti: il Darchen Gön, il Chuku, il Dhira Phuk e il Zuthul Phuk. Nella stessa zona si trova anche lo Shiwatshal, cimitero in cui vengono cremati Lama e monaci. Alcuni tra i principali luoghi di culto locali sono stati fondati da Je Paljin, autorevole Lama del XIV secolo. L'area è abitualmente frequentata da decine di pellegrini provenienti da tutto il Tibet, che si prostrano nei pressi dei luoghi consacrati. Il Kailash compare in una delle opere più apprezzate del canone tibetano, «I centomila canti di Milarepa», e nei più grandi poemi epici della letteratura indiana. Ombelico del mondo che rientra in parte nella regione himalayana tibetana, il Kailash ispira miti e leggende che si perdono nella notte dei tempi e, soprattutto, irradia una spiritualità in grado di riunire devoti pellegrini in uno dei viaggi spirituali più ardui al mondo: quello che comprende il “kora”, ovvero la circumambulazione del Kailash in direzione oraria, che ha come punto di partenza Darchen e come rituale di penitenza, le prostrazioni ripetute durante il tragitto. La particolare connessione che questo luogo avrebbe con le sfere pure degli esseri superiori, rende proficuo questo immane sforzo fisico ai fini di una totale purificazione del proprio karma (destino). La geografia mistica di questo centro magnetico della terra ingloba i quattro fiumi che scendono da questa montagna per poi diramarsi nei quattro punti cardinali: l'Indo a nord, il Brahmaputra a est, il Karnali (un affluente del Gange) a sud ed il Suttej a ovest. Pur non essendo la cima più alta della regione (6714 metri), il monte Kailash viene venerato al pari di un dio perché la sua potenza è restituita, oltre che da una venerazione popolare consolidata, da alcune particolarità che lo contraddistinguono dal punto di vista strutturale, su tutte un lungo crepaccio verticale che, nel punto mediano, è tagliato da una linea orizzontale di strati rocciosi. Questa particolarità morfologica restituisce un disegno somigliante a una svastica, antico simbolo di potere tantrico nonché segno di forza spirituale per il buddismo. Tuttavia la potenza del Kailash trascende i dogmi religiosi riunendo piuttosto la spiritualità orientale in un’unica visione simbolica e cosmogonica: per gli induisti questo è il trono di Shiva, per i jainisti di Tirthankara, per i bön quello di Tonpa Shenrab e per i buddisti tibetani l’espressione della chiara luce della mente onnisciente. Fonte: Autori Vari
La montagna non è mai stata scalata da nessuno, poiché è considerata sacra dall' Induismo, in quanto ritenuta la residenza di Shiva, dal Bön, dal Buddhismo tibetano, come centro dell'universo, e dal Giainismo. Tibetani e indiani ritengono di dover compiere un pellegrinaggio presso il Kailash almeno una volta nella vita. Lungo i cinquantatré chilometri del versante tibetano, praticabili dalle quattro alle sette ore di cammino, vi sono molte rocce dipinte e bandiere di preghiera, concentrate particolarmente sul Passo di Dolma, e si trovano quattro monasteri buddhisti: il Darchen Gön, il Chuku, il Dhira Phuk e il Zuthul Phuk. Nella stessa zona si trova anche lo Shiwatshal, cimitero in cui vengono cremati Lama e monaci. Alcuni tra i principali luoghi di culto locali sono stati fondati da Je Paljin, autorevole Lama del XIV secolo. L'area è abitualmente frequentata da decine di pellegrini provenienti da tutto il Tibet, che si prostrano nei pressi dei luoghi consacrati. Il Kailash compare in una delle opere più apprezzate del canone tibetano, «I centomila canti di Milarepa», e nei più grandi poemi epici della letteratura indiana. Ombelico del mondo che rientra in parte nella regione himalayana tibetana, il Kailash ispira miti e leggende che si perdono nella notte dei tempi e, soprattutto, irradia una spiritualità in grado di riunire devoti pellegrini in uno dei viaggi spirituali più ardui al mondo: quello che comprende il “kora”, ovvero la circumambulazione del Kailash in direzione oraria, che ha come punto di partenza Darchen e come rituale di penitenza, le prostrazioni ripetute durante il tragitto. La particolare connessione che questo luogo avrebbe con le sfere pure degli esseri superiori, rende proficuo questo immane sforzo fisico ai fini di una totale purificazione del proprio karma (destino). La geografia mistica di questo centro magnetico della terra ingloba i quattro fiumi che scendono da questa montagna per poi diramarsi nei quattro punti cardinali: l'Indo a nord, il Brahmaputra a est, il Karnali (un affluente del Gange) a sud ed il Suttej a ovest. Pur non essendo la cima più alta della regione (6714 metri), il monte Kailash viene venerato al pari di un dio perché la sua potenza è restituita, oltre che da una venerazione popolare consolidata, da alcune particolarità che lo contraddistinguono dal punto di vista strutturale, su tutte un lungo crepaccio verticale che, nel punto mediano, è tagliato da una linea orizzontale di strati rocciosi. Questa particolarità morfologica restituisce un disegno somigliante a una svastica, antico simbolo di potere tantrico nonché segno di forza spirituale per il buddismo. Tuttavia la potenza del Kailash trascende i dogmi religiosi riunendo piuttosto la spiritualità orientale in un’unica visione simbolica e cosmogonica: per gli induisti questo è il trono di Shiva, per i jainisti di Tirthankara, per i bön quello di Tonpa Shenrab e per i buddisti tibetani l’espressione della chiara luce della mente onnisciente. Fonte: Autori Vari
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