Già da bambino sospettavo che mettere il nome a una cosa significasse appropriarsene. Ma questo non bastava, ho sempre avuto il bisogno di cambiare periodicamente i nomi di coloro che mi circondavano, perché così rifiutavo il conformismo, la lenta sostituzione di un essere con un nome. Un giorno iniziavo a sentire che il nome non andava più bene, che non era la cosa menzionata. La cosa era lì, nuova e brillante, ma il nome si era gualcito come un abito. Nel darle allora una nuova denominazione, mi dimostravo oscuramente che l'importante era altro, il motivo del mio nome. E per settimane la cosa o l'animale o la persona mi apparivano bellissimi sotto la luce del loro nuovo segno.
Un gatto che amai tanto [...] lo accompagnai nella sua breve vita con quattro nomi: uno era quello comune, che gli davano tutti, e gli altri segreti, per il dialogo a tu per tu.
scrive Cortázar nel Diario di Andrés Fava.
Oggi è uno di quei giorni in cui i nomi, gualciti come un abito, pigliano vita nuova.
Nomiversario, lo chiamiamo.
E Lapo, già Cronopio, già Ippolito, si fa Calisse.
Lapo Calisse, quindi, già Ippolito, già Cronopio.
Shake hands and say hello.