Uno scrittore, al termine della propria vita, non avrà mai letto un libro con la libertà di un lettore che non ha velleità di scrittura. Questo è il problema principale che uno scrittore ha con i libri degli altri. Lo scrittore non può godersi una buona storia in santa pace senza che in lui non si manifesti il fastidioso spiritello che gli rivolge la domanda: “Tu saresti in grado di scriverlo?” Perché lo scrittore è abituato a considerare la lettura, suo malgrado, come una sfida inconfessabile. La lettura di un libro è per uno scrittore il terreno per una contesa letteraria, il campo vagheggiato di una lotta feroce che si ingaggia con l’altro scrittore, l’antagonista assente. C’è un che di profondamente infantile in tutto questo, c’è lo spirito con cui da bambini si sfidava il supereroe dei cartoni in Tv in una lotta immaginaria sul lettone dei genitori. Il carattere infantile di questa cosa è accentuato dal fatto che lo scrittore-lettore tenderà a sopravvalutare le proprie forze, a dire tra sé e sé – magari mentre legge Kafka – che quella frase sarebbe stato capace di scriverla anche lui. Se lo scrittore-lettore non è un presuntuoso non dirà che avrebbe addirittura saputo fare meglio di Kafka, ma lo pensa (oh se lo pensa…). La natura di questa follia fa sì che lo scrittore-lettore abbia un rapporto conflittuale con i libri e con la lettura in generale. Dichiarerà ai quattro venti di amare la lettura più della scrittura, dirà che leggere è l’unico consiglio saggio che si sente di dare a un giovane che intende accostarsi alla pratica della scrittura, ma in realtà odierà profondamente i libri e quel momento di solitudine perfetta in cui sfoglia la prima pagina di un romanzo e si immerge in un nuovo mondo. Li odierà e li amerà con la passione sviscerata con cui i grandi ossessivi odiano e amano le cose che gli procurano ansia e tormento. Allo stesso modo odierà e amerà se stesso in rapporto alle sue letture del momento, odierà e amerà la propria scrittura, i propri pensieri sul mondo letterario, le proprie idee, i propri progetti. Lo stesso Kafka, in una lettera a Max Brod, ha elencato quattro impossibilità legate all’atto della scrittura; tra queste ha dichiarato l’impossibilità di scrivere, perché la disperazione non è una cosa che si possa “calmare scrivendo”. Senza voler dare di gomito a un vecchio cliché romantico, il motivo per cui uno scrittore sarà sempre un lettore infelice è che lo scrittore non è mai un uomo felice.
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Il motivo per cui uno scrittore sarà sempre un lettore infelice
Creato il 11 giugno 2014 da AndreapomellaPotrebbero interessarti anche :