Visto in Dvx.
In Patagonia viene ritrovato uno scheletro abbracciato ad una macchina da presa degli anni ’40. Quello risulta essere lo scheletro del cineoperatore che venne pagato per registrare il mondiale di calcio del 1942 proprio in Patagonia. Un mondiale non del tutto riconosciuto dalla FIFA, che in piena guerra fu fortemente voluto da un magnate locale. Questo mondiale dimenticato è al centro di questo documentario che ne ripercorre l’ideazione, a la pianificazione, al realizzazione, i ritratti dei personaggi principali e le interviste ai superstiti, inoltre viene mostrato il contenuto delle ultime riprese fatte, con la definitiva dimostrazione di chi vinse effettivamente quel mondiale.
Un mockumentary artigianale, lo si vede subito; non ha immagini di repertorio grandiose e le ricostruzioni sono eccessive (giustifica sempre l’enorme quantità delle riprese, ma per avere quelle immagini, soprattutto quelle non ufficiali, bisognerebbe avere come minimo le telecamere moderne); ma il punto non è li. Il punto è l’idea.
L’idea è grandiosa, la ricostruzione di une vento in un periodo di guerra, che semplicemente non può essere dimostrabile in alcun modo, con un’accuratezza nei dettagli enorme e con un tentativo di partecipazione emotiva, soprattutto nel finale, che dovrebbe aprire il cuore. Purtroppo un cast non ottimale ammazza un poco il trasporto emotivo e l’ironia che pervade il film dalla metà in poi ammazza molto la verosimiglianza del racconto. Rimane comunque un’idea bellissima che a metà smette di prendersi sul serio e diventa un’avvincente cialtronata.