Propongo una poesia scritta da un minatore e poeta tedesco (Kunze) dopo l’abbattimento del Muro di Berlino. Abbattuto il muro e riunitesi due parti di popolo ormai disabituate a stare insieme, si crea uno strano disorientamento. Questa poesia mi piace, perché l’autore non tira in ballo differenze politiche, religiose, culturali o di civiltà (e come potrebbe?): rivela che si tratta solo di abitudine e fiacchezza mentale.
Il muro
Quando l’abbiamo abbattuto non immaginavamo
quanto fosse alto
dentro di noi
C’eravamo abituati
al suo orizzonte
E all’assenza di vento
Alla sua ombra nessuno
gettava ombra
E ora siamo qui
spogli di giustificazioni