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Nel 2003, in tarda primavera, Enrico Baj, pittore scultore ed anarchico milanese, mandò al sindaco di Pontedera i progetti e i disegni di un grande mosaico dedicato al lavoro.
Sarebbe stata l’ultima opera realizzata da Enrico Baj che si spense poche settimane dopo, alla soglia degli ottant'anni.
Il grande mosaico, cento metri di lunghezza per tre metri di altezza, è stato realizzato postumo, dal Comune di Pontedera, e inaugurato il 22 dicembre 2006.
Occupa un grande muro che separa Viale Risorgimento dalla ferrovia.
Esposto nella galleria comunale "Otello Cirri", si trova il bozzetto dell'opera, insieme alla lettera con cui Baj dettava le disposizioni per l'esecuzione dell'opera.
Era tempo che volevo fermarmi ad ammirare meglio quest'opera, ed era tempo che volevo fotografarla.
Lo scorso mercoledì, di ritorno da Siena, ho allungato fino a Pontedera, per una commissione.
Piovigginava, la luce di metà pomeriggio, le ombre assenti, i fari delle auto che riluccicavano sull'asfalto bagnato.
Tutto questo davano al muro di Baj, che ha superato da pochi giorni il suo sesto anno dalla realizzazione, un'aspetto più vissuto, più integrato con la città.
Mentre scatto qualche foto, leggo del muro sul mio web-in-tasca:
(.dalla fonte.)
Pontedera è la città della Piaggio, la città della Vespa.
Una città che al mondo del lavoro ha consacrato la sua vita e la sua immagine. E il grande mosaico di Baj è dedicato a quel mondo, alle sue luci e grandezze, ma anche alle sue debolezze e contraddizioni. Sulla lunga parete di tessere bianche che separa la città dalla ferrovia (un non luogo esemplare, è stato ricordato in ogni presentazione), sono allineati, scomposti o sgambettanti, alcuni dei personaggi cari alla ‘mitologia’ baiesca. Pezzi di ‘meccano’, anch'essi riprodotti in mosaico, avvicinati o assemblati a raffigurare un’idea di ‘tecnologia’ che può essere progresso o gioco, ma diventare anche ‘mostruosa’; può esaltare o rifiutare quel mondo che va celebrando. Un discorso critico che, come spesso sa fare l’arte, sembra ingenuo e sommario tanto è direttamente esplicito. Il lavoro nobilita l’uomo (lo sa bene la Pontedera operaia), ma può anche schiacciarlo (e anche questo lo sa bene, la Pontedera operaia).
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