Federica Zingarino2 dicembre 2013
«Un muro non è sempre una cosa negativa… un muro può imprigionare, ma può anche difendere. Quanti sono i muri che ci separano dagli altri, che ci rinchiudono, che ci isolano impedendoci di essere visti e sentiti? E quanti sono i muri che abbiamo dentro, quelli che ci siamo creati e che rappresentano limiti e frontiere invalicabili?».
Il muro è la nuova commedia del regista e autore milanese Angelo Longoni che sperimenta una formula interessante che coniuga musica rock, riprendendo il mitico The Wall dei Pink Floyd, e una drammaturgia che affonda nelle pieghe della realtà di oggi. Il muro, nell’opera dei Pink Floyd simbolo di alienazione da abbattere, nella commedia è la metafora di tutte le limitazioni o autolimitazioni che ci inventiamo per isolarci dal mondo, per evitare di fare i conti con la realtà, per nasconderci anche a noi stessi. Ed è quello che capita ad una coppia, interpretata con naturalezza da Ettore Bassi e dalla bella Eleonora Ivone. La loro unione, frutto di una coincidenza, viene travolta da un episodio di corruzione in cui lui si è lasciato coinvolgere finendo prima in prigione e poi agli arresti domiciliari («La galera non è essere dentro… è avercela dentro»). Alla fine l’amore avrà la meglio anche sulla crisi che li ha investiti. La particolarità della rappresentazione sta nel fatto che la storia viene scomposta in diversi quadri e raccontata attraverso una serie di flashback. Il tutto poi è contornato dalle canzoni del disco dei Pink Floyd, eseguite dal vivo dalla band dei soundEclipse (Stefano Cacace – voce – Marco Zanni – chitarra – Andrea Agates – basso – Emiliano Zanni – tastiere – Emanuele Puzzilli – batteria), i cui versi entrano riadattati anche nelle battute del dialogo tra i due originando un continuum credibile e ben articolato.
Alla vigilia dell’ennesima replica di questo affascinante spettacolo (stavolta al Teatro Puccini di Firenze), ne abbiamo incontrato il protagonista, Ettore Bassi, per farci raccontare l’esperienza vissuta con questa particolarissima pièce.
Ettore, ci racconti, in breve, come spiegheresti la trama di questo spettacolo?
«Questo è uno spettacolo che nasce dal pretesto di utilizzare le canzoni dei Pink Floyd, in particolare dell’album The Wall, per raccontare la vicenda di una coppia che deve affrontare dei muri, cioè quelle barriere, che sono sia fisiche che psicologiche, che ci costruiamo nella vita. L’incidente da cui parte tutto e che invade la vita dei due protagonisti, con lui che finisce in prigione per una faccenda di corruzione, rompe gli equilibri. Si parla di vergogna, di muri sia interiori che esteriori che creano barriere e che, a volte, possono anche proteggere. Con l’amore che, come nel caso dello spettacolo, riesce prima a crearne altri, poi ti aiuta ad affrontarli fino a risolverli. Quindi, possiamo dire, che è una vicenda articolata attorno alla figura delle barriere che ci costruiamo quotidianamente, dei muri che inevitabilmente nella vita ci veniamo a costruire».
Nella tua vita hai mai dovuto abbattere dei muri?
«I muri nella vita quotidiana ci sono sempre. Ci sono muri del pregiudizio, dell’ignoranza, della diffidenza e li troviamo continuamente. Ed è importante trovare sempre le forze necessarie per scavalcarli se non addirittura romperli».
Un muro, invece, che ti ha salvato?
«I muri che ti salvano sono soprattutto quelli che proteggono quindi sicuramente la famiglia. La fortuna di avere avuto un nucleo familiare portatore di valori importanti mi ha aiutato a proteggermi e a sentirmi forte di fronte a tutte quelle complicazioni che vengono fuori quando esci dal guscio».
Nel 1992 hai vinto la gara come “Il più bello d’Italia”. In quell’occasione hai dovuto abbattere dei muri?
«In realtà, non mi sono posto questo problema. Quella situazione nacque per caso, non fu una mia iniziativa. Mi chiamarono perché quel concorso prevedeva l’esibizione di ragazzi che sapevano fare varie cose nell’ambito dello spettacolo. Io mi presentai come prestigiatore, cabarettista, presentatore, attività che facevo già da un po’ di anni. Poi, arrivato lì scoprii che si trattava, anche, di un concorso di bellezza, di sfilare e quello per me fu esilarante perché di certo non mi sarei mai candidato ad un concorso del genere. Premiavano chi aveva la miglior proporzione tra aspetto esteriore e capacità, scelsero me e vinsi quel titolo. Diciamo che sapevo già che quella era la mia opportunità di far vedere che sapevo far qualcosa e quindi non mi sono posto questo problema».
Ci salutiamo chiedendoti quali saranno i tuoi prossimi impegni.
«A gennaio parto con la tournée di un nuovo spettacolo che si intitola Trappola mortale. È un bellissimo thriller/commedia tratto da un testo americano (si tratta di Deathtrap opera del 1979 di Ira Levin NdR) da cui fecero pure una pellicola nel 1982 con Michael Caine e la regia di Sidney Lumet. È un’operazione nuova, interessante che stiamo proponendo io e Corrado Tedeschi con altri tre attori. Un’operazione molto bella, importante che porteremo in giro per l’Italia. Aspetto inoltre l’uscita a gennaio di due film per Rai 1. I martiri di Fiesole, storia, ambientata nel 1944, di tre carabinieri che si consegnarono alle SS per farsi fucilare al posto di alcuni civili presi in ostaggio dai nazisti. Poi Fuoriclasse, la serie con la Littizzetto giunta alla seconda stagione. Hanno modificato un po’ il cast e sono entrato io».