Il 17 giugno scorso è stato inaugurato a Roma il Museo dell'Omeopatia. La data non è casuale, perché è il giorno di nascita del Professor Antonio Negro (1908-2010), maestro e baluardo dell'Omeopatia italiana per oltre sessant'anni. Allievo di Nicola Pende, fondatore della moderna endocrinologia, aveva una solida formazione clinica cui univa una profonda conoscenza dell'omeopatia che lo rendeva unico nella capacità diagnostica e di scelta terapeutica.
Fondò ben presto un centro di studi omeopatici, che nel '47 prese il nome di Centro Ippocratico Hahnemanniano Italiano (CIHI) e nel'53 fu assorbito dalla fondazione dell'Accademia Italiana di Medicina Omeopatica (AIMO), che svolgeva la sua attività didattica e di pratica clinica nella sede degli ambulatori S.A.M.O. in Piazza Navona, 49.
Non è casuale dunque neanche la scelta del luogo in cui si è aperto il Museo, luogo in cui si sono succedute generazioni di allievi, futuri medici omeopati e innumerevoli pazienti, tra cui rappresentanti della cultura e dell'arte, ecclesiastici e tante, tante persone semplici che avevano fiducia nella medicina dolce che vi si praticava.
La passione di Antonio Negro per la conoscenza e l'amore profondo per l'omeopatia lo hanno ispirato anche nel raccogliere e conservare un'infinità di oggetti, documenti, manoscritti e libri di un sapere che va da Ippocrate ai giorni nostri e ora nelle vetrine del Museo è raccolta una grandissima parte di questo tesoro. Museo unico in Italia, in Europa ce n'è un altro, a Stoccarda, con i manoscritti di Hahnemann, nasce da un progetto del Professor Antonio Negro e viene realizzato dai figli Paolo chirurgo e Francesco Eugenio omeopata, che raccolgono oltre a quella del padre anche altre collezioni e donazioni di privati.
In bacheche e librerie bianche sono esposte le posate di Hahnemann e alcuni suoi manoscritti, un gran numero di trousse di medicinali omeopatici tra cui una con piccoli flaconi di vetro di Murano, prova di un artigianato raffinato in un'epoca in cui in Europa molti nobili e rappresentanti delle classi colte sceglievano l'omeopatia. E così si può ammirare la trousse della zarina Aleksandra Feodorovna (1872-1918), imponente come uno scrigno con ampolle di farmaci liquidi, da inalare, così come faceva anche Chopin, paziente di Hahnemann, di cui si può ammirare l'ampolla inalante. C'è una copia della rivista di Hufeland (1762-1836), promulgatore della medicina olistica, amico di Hahnemann.
Francesco Eugenio Negro ci racconta di una lettera,conservata nel Museo, di Tommaso Cigliano, in cui parla del suo incontro con Garibaldi e di come gli salvò la vita. portandolo via dalle stufe di San Lorenzo ad Ischia in cui era rimasto troppo a lungo e curandolo, disidratato e collassato, omeopaticamente.
E poi ci sono i documenti che attestano la scelta omeopatica della scrittrice M. L. Alcott, che fa dare da Jo, personaggio dei suoi romanzi, ad uno dei suoi figli malati Belladonna 5 CH. La collezione dei testi di omeopatia è molto vasta e va dall'800 ai giorni nostri, con testi in italiano, francese, tedesco inglese e spagnolo. Le finestre delle sale del Museo si affacciano su Piazza Navona che rimanda all'occhio del visitatore una luce unica in una cornice inimitabile che fa sentire in quel luogo il tempo insieme sedimentato e proiettato nel futuro.
C'è un patrimonio di cultura medica in questo museo che dovrebbe entrare a far parte del patrimonio culturale di ogni medico coscienzioso, perché in quei volumi ci sono gli spunti e gli strumenti per riflettere su una medicina per la salute nel rispetto e nel riconoscimento dei segnali del corpo e dell'animo.
Per il Museo si prevede un'apertura bisettimanale, l'ingresso è gratuito e gli studiosi possono consultare i testi. Se ne può sapere di più consultando il sito www.fondazionenegro.it
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