Fra le notizie macabre che, come di consueto, ci “bombardano” durante la festa di Halloween, ne è giunta una assai bizzarra. Quella dell’esistenza di un museo della morte, già da qualche anno allestito a Hollywood, in California.
L’imprevedibile città di Los Angeles ospita il cosiddetto “Museum of Death”, in cui è esposta una grande collezione di oggetti appartenuti a famosi serial killer, macabri teschi e strumenti di tortura.
Dai manufatti riguardanti l’omicidio seriale, il museo si espande e tocca varie tematiche, corredate da immagini tecnologiche che ricostruiscono le varie scene del crimine.
Al confronto, il plastico di Bruno Vespa è cosa da principianti! In esposizione anche sofisticati strumenti utilizzati per l’imbalsamazione e, naturalmente, la dimostrazione pratica dei loro effetti sulle salme. Come potevano mancare? Sarebbe stato impensabile.
La spettacolarizzazione della morte contempla anche una stanza delle esecuzioni in cui è situata una sedia elettrica. Il proprietario del museo, J. D. Healy ha affermato: “Il Museo della morte è dedicato a un repertorio che spazia da opere d’arte relative ai serial killer e le loro lettere, video di esecuzioni, dispositivi mortiferi, note fotografie colte sulla scena di crimini, teschi, sacchi per cadaveri, insomma tutto quello che evoca la morte, noi lo abbiamo qui”.
Una visita guidata, della durata di 45 minuti, permette di accedere ad un viaggio nel mondo dell’orrore che attraversa la sezione dei serial killer, in cui compaiono ritagli di giornale, articoli e lettere inerenti a crimini efferati; come ad esempio quelli perpetrati da John Gacy, serial killer statunitense soprannominato “Killer Clown” per aver rapito, torturato e sodomizzato ben 33 vittime.
Fra i pezzi più importanti in esposizione, la ghigliottina con cui fu decapitato Henry Landru la mattina del 25 febbraio 1922. Anche conosciuto come “Barbablù”, quest’ultimo è stato un assassino seriale francese. Egli si faceva passare per un vedovo solo ed agiato e reperiva le sue vittime attraverso le rubriche dei cuori solitari.
Il “corridoio della carneficina” espone vari teschi, sia umani che animali; mentre una “stanza dei suicidi” mette in scena manichini che indossano gli indumenti reali degli sventurati.
È vero che la cultura non procede mai per comparti stagni e che la formazione di un individuo dovrebbe avvenire a trecentosessanta gradi. Avere visto un po’ di tutto, nella vita, aiuta sicuramente ad avere una visione più aperta e ricettiva.
Tuttavia, questo museo sembra indicato per chi non soffre di cuore e non è facilmente impressionabile. Semmai doveste trovarvi da quelle parti, noi vi abbiamo avvisato.
Written by Cristina Biolcati