di Mariantonietta Sorrentino
Il Museo di Pontecagnano è alle porte di Salerno, città notoriamente “Hippocratica” che si va scuotendo dal torpore sempre di più e acquista consapevolezza della propria identità e, perciò, può progettare un futuro possibile.
Ma il museo rimane deserto per molto mesi dell’anno, ospitando solo qualche sparuta utenza studentesca accompagnata dai docenti.
E’ uno spreco di risorse che, di contro, andrebbero meglio utilizzate.
Nel Museo sono raccontate più storie, a cominciare dall’epoca villanoviana e finire con gli Etruschi, passando per i Piceni ribelli e deportati da Roma.
Si tratta di un patrimonio di valore incommensurabile che possiede un baricentro nei reperti provenienti dalle oltre 9000 sepolture scavate nelle necropoli di Pontecagnano negli ultimi cinquant’anni.
Pontecagnano è, perciò, piana degli Etruschi, piana dei Piceni, piana dello sbarco alleato, in tempi recenti. Esistono territori che sembrano aver stretto un patto con la storia, che paiono averla perfino adescata.
Approdi, insediamenti, battaglie e deportazioni hanno vivacizzato questo spicchio del salernitano che oggi è passato in secondo piano come un attore che non serve più.
Eppure l’area di Pontecagnano è stata scenario e protagonista, produttore e perfino teatro di avvincenti pagine di storia.
Abituati a vedere il suo mare e il litorale invasi da ombrelloni, bagnanti e pedalò fatichiamo ad immaginare e perfino a credere che nell’antichità fosse diverso il suo aspetto. Dimentichiamo quanto un paesaggio muti come la moda e come il clima, solo più “slow“, lentamente: il tempo della geologia si misura in millenni.
Le sabbie del fiume Picentino, infatti, sono gelose custodi di un segreto. La rena sedimentata conserva nel silenzio dei millenni l’elemento urbanistico che fece la fortuna del sito, il porto dell’antica Pontecagnano.
Emporio più che vivace per scambi e contatti, attraverso il porto Pontecagnano crebbe ancora prima della fortuna della vicina Hippocratica Civitas, che brillò come prima Scuola Medica d’Europa della quale Salerno va oggi giustamente fiera.
Fu ambita la piana. Ce n’era motivo. A più riprese giunsero e si insediarono sulle guance di una pianura fertile che da Pontecagnano si spalma morbida sino a Paestum, laddove lo sguardo si cinge ad arco nell’abbraccio del golfo di Agropoli.
La Pontecagnano di oggi vuol scrollarsi da dosso la veste di squadra di serie “B“, ruolo che tocca ad ogni sito nato a ridosso di una grande città. Desidera decollare in tutti i sensi Pontecagnano, sollecitando la completa fruizione dell’aeroporto “Salerno-Costa d’Amalfi“.
Non è immemore la cittadina della trascorsa prosperità e della sua ancor felice posizione geografica, la stessa che attrasse gli Etruschi, dai riti misteriosi dai gusti incantatori, un popolo che ha tessuto intensi traffici, creando ricchezza.
E se esiste un’Etruria ben nota, tradizionalmente compresa tra Tevere ed Arno, un’altra Etruria rimane nell’ombra; in vaste zone della Campania lievitò una civiltà che crebbe esponenzialmente dall’ VIII/VII secolo a.C. e fu in grado di rivaleggiare con la polis greca di Cuma.
Ottanta ettari di insediamento, un abitato esteso dissepolto negli anni ‘70 del secolo scorso. Scavi che strapparono al silenzio della terra oltre migliaia di sepolture con annessi corredi; in pratica un tesoro che attraversa il tempo con le conocchie e le falci, le fusaiole e gli elmi decorati ed è capace di sbalordirci.
Lo ammiriamo nel Museo dove il percorso di visita segue un efficace ordinamento espositivo. Dipanandosi, infatti, in senso cronologico presenta sezioni dedicate all’illustrazione delle diverse epoche, dal periodo Eneolitico all’Età Romana.
Un ordinamento che tenta di offrire al visitatore momenti di approfondimento sulla città e sul suo sviluppo urbano, sulle necropoli, sui santuari, sulle produzioni artigianali.
Centrale, nel percorso espositivo, la sezione dedicata alle aristocrazie del periodo Orientalizzante (fine VIII – fine VII sec. a.C.), alle quali sono riferibili alcune sepolture che, per la composizione e la qualità del corredo funerario, sono state definite ‘principesche’.
Per questo è stata idea felice aver partecipato con un servizio giornalistico dedicato agli Etruschi di frontiera alla XXIV Rassegna del Cinema Archeologico di Rovereto.
Già la creazione del Museo fu un’operazione di recupero e di riappropriazione che aprì il sipario sullo scenario sociale della Etruria meridionale con i suoi artigiani, gli allevatori, i commercianti e i principi.
Ma partecipare e superare la selezione della rassegna appare un atto di verità e di giustizia verso questa fetta di salernitano molto dimenticata.
La selezione renderà possibile a Rovereto l’incontro con questo popolo, i “nostri“ Etruschi che fecero la ricchezza di questa piana con il loro lavoro e la loro civiltà.
Con il potere dell’immagine, nel servizio giornalistico, è narrata la loro storia attraverso i loro oggetti, quelli della quotidianità, e i loro riti. Vi è raccontata la loro vicenda come in una favola.
Serbati con cura nel nuovo percorso museale, i fascinosi tasselli di questa civiltà parlano a noi moderni con il linguaggio della laboriosità e della raffinatezza.
E parlano, in aggiunta e ad un pubblico più vasto, con gli strumenti multimediali di un video che porterà per mano a conoscere i sontuosi corredi con i porta profumi e i monili, vasi in bucchero, brocche, tazze e vasi in bronzo, lucerne e modellini di carri e raffinate ceramiche.
Tra tutti saprà ammaliare il facciale di cavallo in bronzo, frutto di civiltà lontane assire e fenicie, un paraguance istoriato che proteggeva la testa del cavallo. L’ oggetto sa incantare pur dal silenzio di una bacheca.
Un atto di verità e di giustizia aver dato voce attraverso un video al Museo Archeologico di Pontecagnano che sa parlare a noi uomini del III millennio distratti e, spesso, superficiali.
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