La saga del gasdotto Nabucco (oggi Nabucco West) sta per giungere alla sua conclusione, e con lei le speranze che l’Europa sia unita, almeno in merito alle scelte energetiche. A giugno il consorzio che gestisce l’importante giacimento di Shah Deniz dovrà infatti decidere se affidare la distribuzione del gas alla odierna versione ridotta di Nabucco oppure alla Trans Adriatic Pipeline (TAP), l’unico altro concorrente rimasto in lizza.
I due gasdotti vedono differenze molto significative, a partire dal percorso. Finanziato da compagnie ungheresi, bulgare, romene e austriache (che hanno rilevato le quote di compagnie tedesche) Nabucco ha come punto terminale Baumgarten, in Austria. Nabucco inoltre è stato sempre oggetto di critiche all’interno dell’Unione Europea per i suoi costi, al punto che il progetto è stato notevolmente ridotto (diventando appunto Nabucco West), e legandosi sempre più alla realizzazione di un altro gasdotto, la Trans Anatolian Pipeline (TANAP), progettato congiuntamente da Turchia ed Azerbaigian. Recentemente le compagnie detentrici di Nabucco hanno offerto il 50% della proprietà del gasdotto allo stesso consorzio di Shah Deniz.
TAP invece ha un percorso totalmente diverso, attraversando il Mar Adriatico e giungendo in Italia, dopo aver attraversato Albania e Grecia. Dietro a TAP ci sono compagnie tedesche, norvegesi e svizzere, ossia rappresentanti dei paesi europei al momento più vicini alla Russia. Il che non è da poco se si pensa che lo sfruttamento del gas azero è pensato dall’Unione Europea proprio in ottica di una riduzione della dipendenza energetica da Mosca. Un importante punto a favore di TAP è la presenza della compagnia norvegese STATOIL che fa parte anche del consorzio che dovrà decidere dello sfruttamento del giacimento azero.
A complicare la realtà europea il fatto che molti paesi si stanno mostrando interessati a partecipare in South Stream, progetto russo – con forti partecipazioni tedesche – nato per portare gas in Europa aggirando l’Ucraina, paese per la Russia problematico. Recenti incontri tra Vladimir Putin e Angela Merkel hanno di fatto sancito la scelta russa di ampliare South Stream, a scapito della realizzazione di una rete di gasdotti passanti per l’Europa Centrale e la Polonia. Recentemente hanno mostrato il loro interesse per il gasdotto russo paesi come la Finlandia, l’Olanda e addirittura la Gran Bretagna, che sembra sempre più legata a Mosca. Di fatto in Europa, almeno in campo energetico, esiste un “problema orientale”.
Gli interessi tra Europa occidentale e orientale sono infatti sempre più distanti, e mentre paesi come la Germania hanno rapporti economici molto stretti con la Russia, altri paesi come ad esempio quelli baltici si fanno promotore di politiche di opposizione a Mosca; va a proposito ricordato che le prese di posizione dell’Unione Europea contro Gazprom vedono all’origine azioni intentate dai paesi dell’Europa centro-orientale. Dunque un’ Europa divisa in due, dove la Storia recente gioca un suo ruolo e che rischia di incrinare un’ Unione sempre più fittizia. Ma soprattutto un’Unione Europea che potrebbe doversi trovare a scegliere tra la Russia ed una parte di sé.
Molto significativo il fatto che il Commissario all’Energia europeo, Günther Oettinger, abbia scritto una lettera alla responsabile degli Affari Esteri, Catherine Ashton, invitandola ad evitare che in seno all’Unione Europea nasca una discussione intorno a Nabucco e TAP, questo quando il 22 maggio è previsto un summit europeo dedicato proprio alle questioni energetiche.
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