Il nemico invisibile
di Paul Schrader
con Nicolas Cage,Anton Yelchin, Irène Jacob
Usa,2014
genere, azione, drammatico
durata, 94'
Si può' parlare di un film rinunciando a raccontarlo nei
dettagli dell'analisi filmica. Normalmente no, ma il caso a cui ha dato vita
l'ultima fatica di Paul Shrader, impone a chi scrive considerazioni che stanno
a latere della materia prettamente cinematografica. Basterebbe dare un'occhiata
al tweet rilasciato dal regista in occasione dell'annuncio del suo prossimo
lavoro, che, ricordiamo, sarà tratto dal romanzo di Edward Bunker "Dog Eat
Dog" è interpretato ancora una volta da Nicolas Cage che di "Il nemico
invisibile" è protagonista, per capire la voglia di ricominciare del
regista americano praticamrnte defraudato del proprio lavoro dalla decisione
dei produttori di rimontare il film in questione senza il beneplacito
dell'autore. Un episodio non comune e però destinato a fare letteratura per
l'importanza delle parti coinvolte e il contesto della vicenda, svoltasi al di
fuori delle grandi Major e nell'ambito di quel cinema indipendente, di norma
portato a tutelare la visione dei propri registi.
Trattandosi di un film
d'azione con venature noir intuiamo che le divergenze siano
presumibilmente dipese, dal diverso
rapporto di produttori e regista rispetto alle aspettative del box
office, con la voglia dei primi di guadagnarsi le preferenze degli
spettatori, opposta alle priorità di Schrader, interessato agli aspetti
meno dinamici e più artistici della questione; ma il lavoro di chi voleva
un prodotto più appetibile non ottiene l'effetto sperato: un
pò,
perchè il trattamento riservato dalla sceneggiatura al protagonista Evan Lake - il veterano
della Cia impersonato
da Cage - riduce le ossessioni del personaggio - connesse con la cattura del
terrorista che tutti credono molto - all'enfasi interpretativa dell'attore
americano,
dimenticando di giustificarle con una plausibilità psicologica che non
sia
quella testimoniata dalle tante frasi di circostanza di cui la stori si riempie; un
pò, perchè la caccia all'uomo scatenata da Lake viene portata avanti con
un'inerzia che se ne infischia di qualsiasi nesso logico, arrivando al
dunque
dopo una serie di banalità narrative che azzerano la credibilità del filone principale, dedicato appunto alla
detection connessa con la ricerca del pericolo avversario; un pò,
perchè,
nella somma delle parti di cui è costituita questa versione finale, la
critica ai valori della società americana - messa in bocca a Lake - è
servita da una drammaturgia assolutamente episodica, pronta a scatenarsi
con
filippiche anti sistema che, private della coerenza di fondo originale,
assumono il sapore di una protesta di facciata.
Evitando di soffermarsi
sulle approssimazioni del girato, poco credibile nella realizzazione
degli ambienti, ricostruiti in studio e con fondali a dir poco
posticci, resta
comunque la curiosità di capire quali siano stati i motivi che hanno
spinto un
autore come Schrader a impegnarsi in un simile progetto (il regista è
anche
l'autore della sceneggiatura) e non solo. Perchè, con grande stupore,
apprendiamo
dai titoli di coda che tra gli executive de "Il nemico invisibile",
figura anche il danese Winding Refn, misteriosamente coinvolto in un tale guazzabuglio.