“Almeno uno fa ridere”, ci ha risposto un amico quando abbiamo provato ad avanzare questo parallelismo azzardato nei termini e nella sostanza. A parte il fatto che a noi Checco Zalone più di un insano attacco di prurito da rabbia canina non ci ha strappato, di risate poi manco a parlarne, l'aver saputo della candidatura di Vlady Putin al Nobel della Pace, questo sì, ci ha scatenato una risata frenata solo dal nostro essere perdutamente tabagisti. Il Nobel per la pace a Putin sarebbe come quello per la fedeltà dato a Hollande, per la protezione di minori a Silvio, per l'intelligenza a Alfano, per l'umiltà a Renzi. Ma come viene in mente, ai diplomatici cortesi della commissione per il Nobel della Pace di inserire Vlady nelle nomination? Ma che sono al Grande Fratello? Passi Papa Francesco che tra una telefonata e l'altra, un bacio e un abbraccio ai bambini, viaggiare in utilitaria e rifondare lo Ior, almeno qualche simpatia se l'è guadagnata, ma il Nobel per la Pace a Putin, qualora dovesse verificarsi, sarebbe lo svilimento totale e assoluto del termine “pace”. Il mandante delle pistolettate in faccia alle giornaliste non allineate, il protettore di Assad e di Kim Jong Un, il massacratore di georgiani e ceceni si ritroverebbe così, di punto in bianco, a incassare un bel assegno e a diventare un simbolo di umanità al pari di Madre Teresa di Calcutta e della Croce Rossa. La sensazione che ricaviamo da queste notizie è di totale sperdimento. Una volta, gli svedesi premiavano Rigoberta Menchu e Albert Schweitzer, Martin Luther King e Aung San Suu Kyi, oggi, più modestamente, premiano l'Unione Europea, Barack Obama e Jimmy Carter. Non c'è più nessuno che meriti un premio tanto ambito, quindi si ricorre alle scartine. A meno che... a meno che gli svedesi non temano di essere invasi dall'Armata Rossa, che non è solo il coro che accompagna Toto Cutugno, ma (ancora) un'autentica macchina da guerra. Ergo, meglio prevenire.
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Il Nobel per la Pace a Putin come l'Oscar a Checco Zalone. Ma che siamo su Scherzi a parte?
Creato il 06 marzo 2014 da Massimoconsorti @massimoconsorti
“Almeno uno fa ridere”, ci ha risposto un amico quando abbiamo provato ad avanzare questo parallelismo azzardato nei termini e nella sostanza. A parte il fatto che a noi Checco Zalone più di un insano attacco di prurito da rabbia canina non ci ha strappato, di risate poi manco a parlarne, l'aver saputo della candidatura di Vlady Putin al Nobel della Pace, questo sì, ci ha scatenato una risata frenata solo dal nostro essere perdutamente tabagisti. Il Nobel per la pace a Putin sarebbe come quello per la fedeltà dato a Hollande, per la protezione di minori a Silvio, per l'intelligenza a Alfano, per l'umiltà a Renzi. Ma come viene in mente, ai diplomatici cortesi della commissione per il Nobel della Pace di inserire Vlady nelle nomination? Ma che sono al Grande Fratello? Passi Papa Francesco che tra una telefonata e l'altra, un bacio e un abbraccio ai bambini, viaggiare in utilitaria e rifondare lo Ior, almeno qualche simpatia se l'è guadagnata, ma il Nobel per la Pace a Putin, qualora dovesse verificarsi, sarebbe lo svilimento totale e assoluto del termine “pace”. Il mandante delle pistolettate in faccia alle giornaliste non allineate, il protettore di Assad e di Kim Jong Un, il massacratore di georgiani e ceceni si ritroverebbe così, di punto in bianco, a incassare un bel assegno e a diventare un simbolo di umanità al pari di Madre Teresa di Calcutta e della Croce Rossa. La sensazione che ricaviamo da queste notizie è di totale sperdimento. Una volta, gli svedesi premiavano Rigoberta Menchu e Albert Schweitzer, Martin Luther King e Aung San Suu Kyi, oggi, più modestamente, premiano l'Unione Europea, Barack Obama e Jimmy Carter. Non c'è più nessuno che meriti un premio tanto ambito, quindi si ricorre alle scartine. A meno che... a meno che gli svedesi non temano di essere invasi dall'Armata Rossa, che non è solo il coro che accompagna Toto Cutugno, ma (ancora) un'autentica macchina da guerra. Ergo, meglio prevenire.
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