TRAMA Una normale cena tra parenti si trasforma in una "carneficina" di parole e rivelazioni. COMMENTO Remake italiano di una scoppiettante commedia francese del 2012, Cena tra amici, a sua volta tratta da una pièce teatrale diretta dagli stessi registi, questo Il nome del figlio aveva tutte le carte in regola per diventare un successo in questo paese in cui a incassare sono solo le commedie. Scontri ideologici, frustrazioni casalinghe, tensioni familiari: gli ingredienti c’erano tutti, bastava adattarli al contesto italiano, come ha fatto Benvenuti al sud.
E invece Francesca Archibugi, anni dopo il riuscito
Questione di cuore (2008) ha voluto strafare, aggiungere (ad esempio degli
inutili e confusi flashback ad esempio), personalizzare e, errore/orrore
notevole, inserire tutto in un contesto romano, escludendo dunque il resto
degli italiani e trasformando il tutto nell’ennesimo film romano de Roma di cui
non si sentiva la mancanza. E laddove nel film francese la sposa incinta era un’elegante
signora, qui abbiamo giustamente una romanaccia burina: perché noi italiani
siamo così: trasformiamo in buzzurro ciò anche ciò che è elegante. E questo
vale per i toni generali del film. Alla fine comunque è proprio il personaggio della
burina a rivelare maggiori sorprese grazie anche all’interpretazione di una
sempre ottima Micaela Ramazzotti, affiancata da una sempre in parte Valeria
Golino. Meno mirato il reparto maschile, in cui Lo Cascio e Gassman ripetono i
personaggi visti in I nostri ragazzi. Non mancano spunti interessanti, ma alla
fine l’impressione conclusiva è quella di un’occasione sprecata.
VOTO: 6+




