La mia generazione ha perso, diceva Gaber. Forse è vero, forse no, ma sicuramente non è tutta colpa nostra.
Noi l’impegno ce l’abbiamo messo davvero, siamo stati sognatori e realisti, dolci e spietati, agguerriti e accomodanti. Ma lo facevamo nei momenti sbagliati, eravamo fuori tempo, sempre una battuta dopo o una in anticipo, andavamo in sette ottave mentre il mondo si sa, gira solo in quattro quarti.
Abbiamo avuto speranze e delusioni, siamo scampati alle stragi di mafia, alle moto senza casco e alle auto senza airbag, c’è andata di lusso. Giravamo spensierati per le vie della stazione alle due di notte e nessuno ci ha mai minacciato con una siringa, giocavamo nei cortili fangosi senza prendere nessuna malattia fulminante, e la terra dei fuochi era ancora un paradiso di cui andare fieri.
Noi siamo quelli che si ricordano la pipa di Pertini e che sanno terminare lo slogan “se ti piace la frutta….”. Quelli che sono cresciuti con l’idea di “casa e bottega”, che già andare al liceo a dieci chilometri da casa era roba da grandi. Quelli che le torri gemelle se le ricordano infilate in un paio di pantaloni di Jeans in una pubblicità della Lee.
Ci abbiamo provato veramente a lottare per i nostri ideali, volevamo cambiare il mondo, ma non ce l’hanno mai permesso, noi andavamo con i megafoni e loro con i bazooka, ed è un vero peccato, siamo sopravvissuti ai Sanremo di Pippo Baudo ma ci siamo arresi al primo Batman di Anagni che passava di qua. Abbiamo vinto i mondiali contro la Germania, ma mentre Zoff alzava la coppa qualcuno di loro ci stava rubando il portafoglio.
Ma noi siamo ancora qui, stiamo facendo il nostro viaggio con il nostro sogno preso a nolo, qualcuno sta senza aprire bocca per dare un senso a tutto, e cerchiamo di capire quale sia la posta in gioco, sperando di trovare quella risposta che non c’è, quando ci chiederanno se siamo esistiti per davvero.
Ma forse siamo ancora in tempo, forse qualcosa si è salvato, non voglio crederci che sia tutto perduto, si, il duemila è arrivato e se n’è andato senza lasciare traccia, ma il nostro duemila è ancora per strada, noi siamo migliori di quello che ci vogliono far credere, siamo quelli che non vanno alle feste romane vestiti da maiali, quelli che considerano Cesare Battisti un terrorista e non un artista (checchè ne dicano i francesi), quelli che imprecano ma alla fine il canone rai lo pagano.
Noi che ci aggiriamo intorno agli “anta” senza il manuale di istruzioni, che ci stupiamo ancora con poco, e facciamo sempre quella faccia un pò così, come quando abbiamo visto per la prima volta Pippo Baudo con i capelli bianchi, che odoriamo ancora di Bar Sport e di tornei di calcio balilla
Perchè forse abbiamo perso le nostre scommesse e non cambieremo proprio un bel niente, ma finchè anche noi riusciremo a non farci cambiare, se saremo capaci di restare aggrappati ai nostri principi, finchè ci sarà qualcuno che riuscirà a dire certi “no”, ecco, alla fine, ne sono certo, a modo suo, la mia generazione avrà vinto.